Rik Van Looy, conosciuto come il “principe dei velocisti”, ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo del ciclismo. Non era un scalatore né un cronoman, ma la sua astuzia e la sua abilità nel sprint gli hanno permesso di dominare le corse su strada. Leggende del ciclismo come Jacques Anquetil lo consideravano il loro principale rivale, affermando: “Il mio principale rivale nei Tour non era Baldini o Gaul o Poulidor. Era Van Looy.” Questa citazione testimonia quanto fosse temuto e rispettato nel suo campo.
La carriera di Van Looy inizia precocemente, diventando professionista a soli 19 anni. Prima di questo, aveva già accumulato un impressionante palmares di oltre 150 vittorie tra i dilettanti. Tuttavia, il passaggio al professionismo richiedeva una nuova mentalità. Van Looy sapeva di dover affinare le sue capacità, aumentando la velocità e la furbizia per competere con i migliori. Fu così che iniziò a sviluppare un sistema che avrebbe rivoluzionato il modo di correre: il “treno”.
L’innovazione del treno
L’idea del treno emerse come una strategia per ridurre i rischi e massimizzare le possibilità di vittoria. Dopo le sue prime esperienze con diverse squadre, nel 1956 Van Looy firmò con il team italiano Faema e, per la prima volta, poté costruire una squadra attorno a lui.
- Selezione dei gregari: Van Looy selezionava i gregari in base alle loro qualità e ai risultati ottenuti.
- Strategia di corsa: I membri della sua squadra, conosciuti come la Garde Rouge, erano addestrati a tirare in testa al gruppo fino a pochi metri dal traguardo.
- Utilizzo del vento: Creavano ventagli per escludere i rivali più temibili, sfruttando il vento laterale.
Questo approccio tattico era innovativo e rappresentava una vera e propria strategia di guerra in corsa.
La personalità di un leader
La personalità di Van Looy era altrettanto forte quanto le sue capacità ciclistiche. Era un leader autoritario, che non tollerava il disordine e si aspettava lealtà incondizionata dai suoi gregari. Nonostante il suo carattere duro, era noto per la sua generosità nei confronti della sua squadra, contribuendo a mantenere alta la loro motivazione. Grazie al suo stile di comando, ottenne risultati straordinari:
- Tre volte vincitore della Parigi-Roubaix
- Due volte vincitore del Giro delle Fiandre
- Una volta vincitore della Milano-Sanremo
Colpi di scena e successi
La carriera di Van Looy non è stata priva di colpi di scena. Durante i Campionati del Mondo del 1963, fu tradito dal suo compagno di squadra, Benoni Beheyt, che lo superò sul traguardo, rompendo le gerarchie che Van Looy aveva faticosamente costruito. Questo tradimento segnò una ferita profonda nel cuore del ciclista belga e cambiò il suo approccio alle relazioni all’interno della squadra.
Tuttavia, la sua carriera continuò a fiorire. Van Looy divenne campione del mondo nel 1960 e nel 1961, consolidando la sua reputazione come uno dei più grandi velocisti della storia. La sua filosofia di squadra, ispirata dalle metodologie di Fausto Coppi, rimase un punto fermo della sua carriera. “Credo che ci debba essere un uomo di punta in una squadra”, ripeteva, senza mai dubitare che quel ruolo dovesse spettare a lui.
In un’epoca di evoluzione del ciclismo, Van Looy si affermò non solo come un grande corridore, ma come un innovatore nel modo di gestire le dinamiche di squadra. La sua capacità di anticipare il caos delle ultime fasi delle corse e di organizzare i suoi compagni per massimizzare le probabilità di vittoria rimane un esempio che molti ciclisti e direttori sportivi continuano a studiare e imitare. Rik Van Looy non è stato solo un velocista, ma un pioniere che ha cambiato il volto del ciclismo professionistico.