Approfittando della notte di Halloween, il canadese Vasek Pospisil, sabato, si è ritratto sui social network con una benda sulla testa, un’altra sul gomito, una stecca, un braccialetto, le dita legate con del nastro adesivo e la didascalia: “Tennista professionista nel 2023”. Un modo, fra il serio e faceto per accendere i riflettori sull’ondata di infortuni che affligge il circuito. In questa ottica, una buona parte dei tennisti ha trovato un colpevole: la pallina. Sembra incredibile però la tesi è sostenuta da tanti campioni.
L’evoluzione di questo sport ha generato un nuovo tipo di giocatore. Il tennista ideale è alto, forte potente, con un buon servizio e in grado di chiudere il punto con un solo colpo. E se un certo Novak Djokovic, non esattamente soggetto agli infortuni né particolarmente in difficoltà sul piano atletico, nonostante un calendario fittissimo che vede i tennisti sballottati da un angolo all’altro del mondo, sottopone il problema, evidentemente quella del cambio nevrotico di palline da tennis non è una scusa accampata da chi non riesce a vincere. Il serbo ha denunciato il problema ad Andrea Gaudenzi, presidente dell’ATP: “L’incoerenza è un problema, e questa è la nostra lamentela. Ci deve essere più uniformità per evitare problemi ai polsi, ai gomiti e alle spalle”, ha poi detto il numero uno del ranking che ha anche indicato una soluzione: “In uno Slam, come il Roland Garros, si giochi tutto con la stessa palla”.
Legittimo a questo punto chiedersi cosa succeda a una pallina da tennis durante un match fra professionisti. Secondo quanto sostengono i giocatori, le palline tendono a sformarsi e a diventare spugnose. Una sorta di pompelmo. “Mentre giochi, (le palline) diventano grandi, spugnose, come un pompelmo. Ecco perché a volte si vedono scambi da 30 colpi”, la tesi di Daniil Medvedev, sulla scia di quanto sostenuto da Wawrinka e Fritz… Molti hanno già invitato a riflettere su questo tema. Per quanto la questione possa sembrare banale a chi si diletta con la racchetta ma non è un professionista, il problema esiste. L’ultima voce è quella di Carlos Alcaraz, che ha già alle spalle 72 partite in questo 2023. Lo spagnolo conferma la tesi dei colleghi: “Per i tennisti è un problema se la palla è diversa in ogni torneo. Sarebbe bello giocare tutti con la stessa durante tutto l’anno “. Resta da capire se gli appelli cadranno… a bordo campo.
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