Il mondo del tennis, dopo le polemiche legate a una stagione che ha lasciato in eredità grandi gioie al movimento azzurro ma anche diversi dubbi sul futuro sostenibile di questo sport, è di fronte a un bivio. Secondo quanto riportato da Athletic, il circuito potrebbe subire una profonda revisione. Termine che fa rima con rivoluzione: il progetto del resto è talmente ambizioso da poter cambiare radicalmente lo sport.
Molto, se non tutto, dipende dagli organizzatori dei quattro Grandi Slam del calendario tennistico: Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open. Insieme, starebbero progettando la creazione di un circuito “premium”, ovvero un calendario che comprenda solo i tornei più importanti. E sarebbero già stati individuati: ai tradizionali appuntamenti di Melbourne, Parigi, Londra e New York, si aggiungerebbero i dieci tornei più importanti del calendario, ovvero i masters 1000. In totale 32 settimane di tennis di altissimo livello riservato solo ai giocatori più forti.
Una scelta che affonderebbe le radici in questioni di tempo… e di soldi. Non è una novità che i giocatori si lamentino da tempo di un calendario troppo fitto e dei continui cambi di continenti, fusi orari, superfici e palline (considerate fra i principali responsabili di infortuni). È altrettanto innegabile che un calendario più prestigioso significherebbe un montepremi più ricco. In questo senso le offerte provenienti dall’Arabia Saudita legate a proposte alternative all’attuale Tour in cambio di vagonate di petrodollari, stuzzicano e non poco giocatori e dirigenti.
La soluzione ingolosisce, legittimamente, i top player ma ha anche un altro lato della medaglia, riconducibile alla tesi di Djokovic che ritiene irrisoria la cifra di tennisti professionisti rispetto al numero dei praticanti. In questa ottica, la creazione di un torneo “premium” alimenterebbe la sperequazione della ricchezza perché sarebbe un duro colpo per i tornei che non ne faranno parte. Il riferimento è ai tornei 250 e 500 che potrebbero essere snobbati e di conseguenza quasi condannati all’ostracismo. E anche i tennisti di livello inferiore faticherebbero a competere con i più forti, dovendo superare le lunghissime prequalificazioni di un torneo 1000 e di uno Slam. Né avrebbero la possibilità di tentare l’impresa in un torneo “minore” ancora “più minore” in seguito alla riforma. E poi c’è l’incognita punteggio: come mantenerlo all’interno di un circuito che sembra destinato a cambiare radicalmente volto?
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