Calcio

Serie A, quali sono state le meteore più clamorose?

Futuri crack e giovani promesse che non hanno mantenuto le aspettative, ecco la lista delle meteore più incredibili del nostro campionato

Il mondo del calcio è costellato di promesse non mantenute, e in Italia numerosi giocatori sono svaniti dopo un inizio promettente. Tra talenti mai sbocciati, e talvolta troppo sopravvalutati, meteore e desaparecidos, molti si sono persi tra le serie minori o sono emigrati in altre parti del mondo. Nell’ambito italiano, sono diversi i giocatori che hanno seguito questa traiettoria, e ne abbiamo selezionati alcuni per questa lunga carrellata.

Le più clamorose promesse non mantenute nella storia della Serie A: tutti i possibili crack che si sono rivelati essere flop

Ianis Hagi. Sostenuto dal padre Gheorghe, Ianis fa il suo ingresso alla Fiorentina a una giovane età nell’estate del 2016, per una cifra di 2 milioni di euro. Inizialmente aggregato alla squadra Primavera, ha giocato solo due partite in Serie A sotto la gestione di Paulo Sousa prima di essere nuovamente rimandato in Romania, deludendo il padre. “È amareggiante per quello che è successo, non gli hanno dato alcuna possibilità. Quando è arrivato a Firenze, era uno dei primi 100 giovani al mondo“, ha dichiarato il padre Hagi. Ianis ha cercato una nuova opportunità al Genk, facendo il suo esordio anche in Champions League, e a gennaio 2020 si è trasferito ai Rangers, segnando il gol decisivo alla sua prima partita da titolare contro l’Hibernian. Tuttavia, la sua notte memorabile è stata in Europa League, nei sedicesimi contro il Braga. Con i Rangers in svantaggio 2-0, Ianis ha segnato una doppietta, guidando gli scozzesi a una rimonta incredibile, per la gioia del padre. Ora, con il Lecce interessato, potrebbe aprirsi una nuova opportunità per lui in Serie A. Sarà la volta giusta?

Josef Martinez. Approdato al Torino nell’anno dell’ultima qualificazione in Europa League, non è mai riuscito a emergere. Tra panchine e opportunità sprecate, il bilancio è stato di soli 7 gol in Serie A distribuiti su due anni e mezzo. Non un disastro, ma nemmeno una scommessa vincente per Urbano Cairo, che sperava di aver investito su un talento in crescita. Il vero trionfo, o meglio la vera esplosione, di Josef Martinez è avvenuta dopo aver lasciato il Torino per trasferirsi negli Stati Uniti, precisamente all’Atalanta. In MLS è stato praticamente inarrestabile per diverse stagioni: ha conquistato tutto, sia a livello di squadra che individuale, segnando 111 gol in 158 partite. Successivamente, il trasferimento a Miami e la grande soddisfazione di giocare al fianco di Leo Messi. Goal, assist e persino un rigore calciato nonostante la presenza della Pulce in campo. Un salto di qualità notevole, seppur lontano dal calcio d’elite, per uno che a Torino è stato semplicemente una meteora.

Foto | Instagram @josefmartinez17 – Wigglesport.it

Alberto Libertazzi. La Juventus gli apre le porte dell’Europa League a soli 18 anni, quando è il fulcro della Primavera bianconera che conquista per tre volte il Torneo di Viareggio. Ha persino la chance di giocare al fianco di Del Piero, seppur per soli 10 minuti. In Serie A, il suo impiego si riduce a soli 60 secondi, l’unico scorcio della sua carriera nella massima serie, subentrando a Marchisio in una partita casalinga persa contro l’Udinese. Nonostante la grande fiducia nelle sue abilità da attaccante, l’adattamento al calcio professionistico risulta complesso. La Juventus decide di cederlo al Novara e da quel momento le opportunità diventano sempre più scarse. Si susseguono prestiti, fino a trovarsi tra i dilettanti a soli 30 anni.

Filippo Mancini. Il debutto con la maglia dell’Inter, regalato da papà Roberto a soli 17 anni in Coppa Italia, è stato un inizio promettente. Dopo alcune esperienze in provincia, ha seguito il Mancio nell’avventura al Manchester City, ma poi è misteriosamente sparito dalle scene. Ha tentato un riciclo nelle serie minori negli Stati Uniti, ma l’esperimento è stato infruttuoso. La sua carriera da calciatore e il sogno di seguire le orme paterne sono giunti a una conclusione prematura. La sua ultima presenza risale al 2013, quando aveva solamente 23 anni.

Fabiano Santacroce. Nell’estate del 2007, il Napoli accoglie con entusiasmo un difensore centrale proveniente dal Brescia, il presunto futuro del calcio italiano: Fabiano Santacroce. Rapidamente diventa titolare con gli azzurri, esordisce in competizioni europee e conquista una chiamata in Nazionale, ma il sogno presto si trasforma in un tracollo. Da promettente campione, diventa una meteora, subendo pesanti accuse per un problema di insonnia: “Avevo un problema di salute: non facevo tardi la sera, il mio era un disturbo del sonno certificato. Prendevo pillole, ma non sentivo la sveglia. Mentre in giro si diceva: si ubriaca, si droga“. Il suo percorso nel calcio si conclude in silenzio, accompagnato da difficoltà finanziarie: “Sono passato da ventimila euro al giorno ad avere in tasca dieci euro al giorno“. Dopo il ritiro, decide di rimettersi in gioco aprendo un’agenzia di scouting. Il suo obiettivo è aiutare giovani talenti napoletani provenienti da contesti difficili a trovare una via nel calcio. Un sostegno che lui stesso non ha avuto in passato.

Antonino La Gumina. Nel 2016, Antonino La Gumina sembrava destinato a emergere nel calcio di alto livello come nuovo talento italiano. Golden Boy e capocannoniere al Torneo di Viareggio, ha perso la finale con il Palermo contro la Juventus, segnata da numerose polemiche arbitrali. La stessa Juventus che, in collaborazione con l’Empoli, sembrava averlo bloccato per il futuro. L’Empoli è stata la prima squadra a offrirgli spazio in Serie A, ma la stagione è terminata con la retrocessione e un infortunio che ha indirizzato la sua carriera verso il basso. I suoi unici due gol in Serie A restano quelli segnati con l’Empoli contro Atalanta e Bologna, poiché nella successiva esperienza alla Sampdoria non è riuscito a segnare. Nel frattempo, la Juventus ha deciso di abbandonare l’investimento su di lui. Questa è stata l’ennesima delusione subita dai bianconeri, dopo quella sconfitta nel Torneo di Viareggio, dove tutto sembrava iniziare e forse anche finire per La Gumina.

Ezequiel Ponce. Il più giovane a calcare il campo con la prestigiosa maglia del Newell’s, a soli 16 anni. Impossibile non rimanere affascinati. Specialmente se sei Walter Sabatini, che personalmente si è impegnato per portarlo alla Roma, superando la concorrenza di Atletico Madrid e Tottenham. Le premesse per un “Lamela bis” sembrano promettenti, con Ponce che trionfa anche nel Campionato Primavera, segnando due gol decisivi contro l’Inter in semifinale e la Juve in finale. Ma quando è il momento di debuttare in prima squadra, qualcosa va storto. Un brutto infortunio complica ulteriormente le cose e, al suo ritorno, arriva la delusione di Spalletti: “Mi ha detto che non c’era spazio per me. Quel colloquio mi ha reso più forte“, affermerà in seguito Ponce. In realtà, la crescita che ci si attendeva dal super talento argentino non si materializzerà mai. Pochi momenti positivi e tante difficoltà in una carriera che non è stata all’altezza delle aspettative, segnata da trasferimenti da una parte all’altra.

Nicola Leali. “Sarà il nuovo Buffon della Juventus. Loro hanno già il numero 1 al mondo, ma hanno comunque acquistato il giovane portiere italiano più talentuoso per il futuro che attualmente c’è in circolazione“. Parole potenti, quelle pronunciate dall’allora presidente del Brescia dopo la cessione di Nicola Leali alla Juventus nel 2012. Purtroppo, queste parole non si sono tradotte in fatti per quello che all’epoca era considerato uno dei migliori prospetti del calcio italiano. Alla Juve, alla fine, non ha mai avuto la possibilità di esordire, lasciandola definitivamente nel 2018 dopo una serie di prestiti che non hanno avuto un epilogo positivo, con retrocessioni accompagnate da qualche errore di troppo. I momenti più alti della sua carriera includono la vittoria del campionato greco con l’Olympiacos e un rigore parato a Balotelli a San Siro con la maglia del Frosinone. Tuttavia, sono episodi troppo sporadici per chi un tempo era soprannominato “il piccolo Gigi”.

Samuele Longo. Da promessa futura dell’Inter a attaccante in cerca del gol. La storia di Samuele Longo è quella di un predestinato che si è smarrito tra trasferimenti senza trovare mai una vera strada, soprattutto all’Inter, dove ha conquistato tutto nelle giovanili e ha fatto il suo esordio tra i professionisti prima di essere dato in prestito ben dodici volte. Un record mondiale secondo il quotidiano El Pais, che ha analizzato il suo caso al momento della firma con il Deportivo, il penultimo club a cui l’Inter lo ha ceduto prima del Venezia e della conclusione del suo contratto in nerazzurro. “L’Inter è stata per me come una madre un po’ troppo premurosa, per non dire ingombrante. Non ho mai percepito fiducia“. Questo sentimento non è limitato all’Inter. Longo ha giocato per quattro squadre diverse in Serie A senza mai riuscire a segnare, collezionando 48 partite consecutive in massima serie senza trovare la via del gol. Un mezzo record, soprattutto per un attaccante. Alla fine, il feeling con il gol l’ha trovato solo all’estero, tra Spagna e Olanda. Ma a oltre 30 anni, il suo status di grande promessa incompiuta è ormai consolidato.

Tin Jedvaj. Quando approda alla Roma nel 2013, Ivan Jedvaj ha già vinto tutto con la Dinamo Zagabria a soli 17 anni. Rientra tra gli enfant prodige del calcio croato, mirando a seguire le orme di un certo Marquinhos, il suo ispiratore. Le premesse sembrano positive, ma purtroppo per Jedvaj, sono solo quello. Con la Roma, gioca appena 97 minuti sotto la guida di Rudi Garcia prima di lasciare Trigoria senza fare più ritorno. Viene ceduto in prestito e successivamente riscattato dal Bayer Leverkusen, dedicando parole non troppo tenere al calcio italiano. “In Italia non ho avuto nessuna possibilità; è un campionato dove giocano i calciatori più anziani e con più esperienza. La Serie A è stata un’esperienza che ho dovuto superare”. Al Bayer Leverkusen, invece, trova continuità e si guadagna un posto nella nazionale croata, contribuendo al secondo posto nel Mondiale (anche se gioca solo l’ultima gara della fase a gironi) e regalando una memorabile doppietta alla Spagna nella Nations League. Questo resta il punto culminante della sua carriera, che, nel corso degli anni (come dimostra l’assenza dalla convocazione per l’ultimo Mondiale), non ha mantenuto le aspettative.

Gianluca Gaudino. Figlio d’arte, con il padre Maurizio che ha persino giocato per la nazionale tedesca nonostante le chiare origini italiane, Gianluca Gaudino ha attirato l’attenzione di tutta l’Europa calcistica quando Pep Guardiola lo ha lanciato in prima squadra al Bayern a soli 18 anni, preferendolo addirittura a Benatia nel ruolo di difensore centrale. In quel periodo, Gaudino non aveva nemmeno un contratto da professionista e guadagnava 250 euro al mese. Ma Guardiola si era innamorato di lui e lo fece esordire persino in Champions League. Un’armonia che si concluse contemporaneamente all’addio di Pep al Bayern. Gaudino non riuscì a guadagnarsi la conferma e lasciò la Baviera per rispondere alla chiamata del suo paese d’origine, trasferendosi in Italia al Chievo. Una chiamata che, sul campo, non ottenne risposta. Gaudino, presentato come il grande talento italo-tedesco scuola Bayern, giocò appena due partite prima di rescindere il contratto con il Chievo e di dire addio definitivamente all’Italia. Da lì in poi, la sua carriera non seguirà esattamente il percorso che Guardiola aveva in mente per lui: “I suoi elogi mi hanno messo sotto pressione“, affermò qualche anno dopo lo stesso Gaudino, che, dopo aver conquistato alcuni titoli in Svizzera con lo Young Boys, finì per giocare nelle serie minori, lontano dagli occhi del suo mentore Pep.

Nico Lopez. Quando la Roma lo acquistò dal Nacional, sembrava destinato a brillare nella Serie A. Dopo un esordio meraviglioso con un goal al 90′ contro il Catania, il ‘Conejo’ non è riuscito a ritrovare sé stesso, né con l’Udinese né con il Verona.

Hachim Mastour. E come non finire con, forse, il più grande flop degli ultimi anni? Marocchino di nascita, ma cresciuto in Italia, su Mastour hanno puntato in molti. Dopo essersi avvicinato a diventare il debuttante più giovane della Serie A, ha iniziato la sua parabola discendente che lo ha portato prima al Malaga, poi al PEC Zwolle in Olanda e infine ai greci del Lamia, dove è rimasto solo per 6 mesi. Un continuo peregrinare, compreso un ritorno in Italia alla Reggina, senza mai riuscire a lasciare il segno ovunque sia andato. I video su Youtube del giovane Mastour (che probabilmente quasi tutti gli amanti del calcio avranno visto almeno una volta) alimentano il dispiacere per un così grande talento inespresso.

Federico Liberi

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