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Thiago Motta fa sul serio. Il Bologna si assesta al sesto posto in classifica in compagnia della Roma e a soli tre punti dalla zona Champions. Un piccolo miracolo sportivo, figlio del lavoro certosino di un allenatore che si è ormai lasciato alle spalle luoghi comuni e stereotipi.
Thiago Motta aveva immediatamente fatto breccia fra gli appassionati per una frase divenuta virale. Il suo modulo era il 2-7-2. Più che sufficiente, in un mondo superficiale come quello dei social, a raccogliere clic e like e per trasformare Thiago Motta in una macchietta. Una sorta di Oronzo Cana 2.0. A contribuire a una immagine non immacolata, un esonero a Genova dopo poche settimane. Il tecnico però non si è arreso e si è ricostruito un profilo divenuto più da studiare che da deridere. Due salvezze con lo Spezia, che senza di lui è immediatamente precipitato in B. Un avvio così e così a Bologna, dove ha dovuto raccogliere una eredità complicata, una squadra e un ambiente provato dalla dolorosa vicenda legata a Sinisa Mihajlovic. Ripartendo, tra l’altro, prendendo la squadra in mano da inizio campionato e non in corsa, Thiago Motta è riuscito a trasmettere la sua idea di calcio. E i risultati parlano da soli: 21 punti in classifica dopo 13 partite.
I risultati sono figli della capacità di adattamento di un tecnico che una precisa idea di calcio, ma non assolutistica: né visionario, né avanguardista, anzi molto pragmatico. Esattamente come in campo, dove la mente correva molto più veloce del piede e già disegnava un calcio legato alle caratteristiche degli uomini a disposizione. Mai come nel suo caso, i moduli sono semplici numeri: sono i compiti a fungere da fattore differenziale e permettono ai singoli di interpretare uno spartito basato su equilibrio e intensità. Il Bologna va in campo per giocare esattamente come pianificato e desiderato. E spesso vince anche. Una sintesi ideale in un calcio dove le idee, specialmente in un contesto meno ricco rispetto ai campionati concorrenti, possono ancora fare la differenza e riuscire a mascherare i difetti ed esaltare i pregi di rose non esattamente ben amalgamate e lungi dall’essere perfette. Una capacità tipica dei grandissimi allenatori di campo, che non chiedono troppo e garantiscono tanto. Basti pensare alla crescita di elementi come Calafiori e Zirkzee che dopo anni da eterne promesse, hanno finalmente un rendimento all’altezza delle enormi aspettative di inizio carriera. È solo uno dei tanti segni lasciati da Thiago Motta. E la sensazione è che la sua rivincita, esattamente come da calciatore, sul calcio italiano si possa consumare pienamente.
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