Salomone difende Palomino: la verità su Sinner

Alberto Salomone, uno dei più rispettati esperti nel campo del doping legato al Clostebol, ha recentemente espresso la sua opinione riguardo al caso di Jannik Sinner, il giovane tennista italiano coinvolto in una vicenda di positività al doping. Salomone, che ha già offerto le sue competenze come consulente nel caso del calciatore argentino Josè Luis Palomino, assolto nel 2023, ha sottolineato come la situazione di Sinner presenti molte somiglianze con altri casi di contaminazione accidentale.

Il caso Palomino e l’importanza del buon senso

Quando si parla del caso Palomino, Salomone ricorda con precisione l’atteggiamento corretto dei giudici che, dimostrando buon senso e realismo, compresero che si trattava di una palese contaminazione. “Avemmo subito la sensazione che sarebbe finita con l’assoluzione”, afferma Salomone, sottolineando come il buon senso sia un elemento cruciale in questi processi.

Analisi tecnica e procedurale del caso Sinner

Nel caso di Sinner, il professore di chimica analitica e tossicologia dell’Università di Torino divide la questione in due piani: quello tecnico e quello procedurale. Dal punto di vista tecnico, Salomone osserva che il campione di urina di Sinner presenta una concentrazione estremamente bassa di Clostebol, e che è stata identificata l’origine della contaminazione: il fisioterapista di Sinner, ferito a un dito, avrebbe inavvertitamente trasmesso la sostanza. “Neanche la WADA ha fatto obiezioni”, afferma Salomone, aggiungendo che non ci sono dubbi sulla ricostruzione della contaminazione da Trofodermin, un prodotto spray comunemente usato in Italia.

Problemi procedurali e la sospensione dell’atleta

Salomone evidenzia che il problema procedurale principale risiede nella sospensione dell’atleta. Normalmente, la sospensione rimane in vigore fino alla sentenza del tribunale, ma Sinner è stato autorizzato a continuare a giocare anche dopo la notifica del risultato positivo. Questo solleva interrogativi su quanto un atleta debba controllare tutto ciò che avviene intorno a lui, specialmente quando si tratta di sostanze come il Clostebol, il cui rischio di contaminazione è meno evidente rispetto ad altre sostanze proibite.

Revisione delle norme sul Clostebol

Salomone sostiene che il Clostebol, spesso non utilizzato come steroide anabolizzante ma presente in pomate cicatrizzanti, dovrebbe essere trattato con un approccio differente. La situazione attuale, dove circa il 50% dei casi mondiali di positività al Clostebol riguarda atleti italiani o che si allenano in Italia, suggerisce la necessità di una revisione delle norme. Salomone propone che, quando le concentrazioni rilevate sono estremamente basse, si dovrebbe evitare una sospensione automatica e, invece, condurre ulteriori accertamenti. Strumenti investigativi avanzati, come il test sul capello, potrebbero essere utilizzati per distinguere tra uso continuativo e contaminazione occasionale.

Definizione di negligenza e ruolo del tribunale arbitrale

Un altro aspetto critico che Salomone sottolinea è la definizione di negligenza. Secondo lui, questo concetto è soggetto a libera interpretazione e può variare significativamente da un caso all’altro. L’esempio del massaggiatore che inavvertitamente contamina un atleta è emblematico di situazioni che sfuggono al controllo diretto degli sportivi.

La scelta del presidente del tribunale arbitrale al TAS sarà cruciale, poiché la sua interpretazione del codice influenzerà l’imparzialità del collegio arbitrale. Salomone si interroga su quale sia il vero obiettivo della lotta al doping: una squalifica di Sinner rappresenterebbe realmente una vittoria contro il doping o sarebbe, invece, una sconfitta per lo sport? A suo avviso, l’equità della competizione e la salute degli atleti dovrebbero essere le priorità.

Proposta di revisione delle sostanze proibite

Salomone propone, in ultima analisi, che il Clostebol venga eliminato dalla lista delle sostanze proibite, o che almeno vengano stabiliti criteri di valutazione legati alla sua concentrazione urinaria. Il progresso tecnologico ha reso possibile identificare tracce infinitesimali di sostanze, il che aumenta il rischio di punire atleti per semplici contaminazioni accidentali, sollevando dubbi sull’adeguatezza del criterio di tolleranza zero.

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