Primoz Roglic ha lasciato la Jumbo Visma perché si è sentito tradito. Pietra dello scandalo, la salita dell’Angliru, nell’ultima Vuelta. La ricostruzione dei fatti è affidata al direttore sportivo della squadra olandese, Merijn Zeeman, che in un podcast locale ha ripercorso quanto accaduto qualche mese fa.
Un addio dettato dalla delusione
Primoz Roglic ha lasciato la Jumbo Visma dopo otto anni. Un periodo piuttosto lungo, specialmente nel ciclismo moderno che non conosce più bandiere né si lega per troppo tempo a un elemento. Eppure dopo tre Vuelte di Spagna, un Giro d’Italia, una Liegi Bastogne Liegi, il rapporto sembrava saldissimo. La catena che legava lo sloveno alla sua ex squadra, a quanto pare, si è rotta sulla salita delle Asturie. In quella occasione, nella scalata all’Angliru, lo sloveno, a caccia dell’accoppiata Giro – Vuelta già riuscita a Contador, non avrebbe rispettato le gerarchie. La Jumbo, come con Vingegaard al Tour, ha indicato in Sepp Kuss l’uomo di punta. Comprensibile che Roglic non si sia trovato a suo agio in un ruolo da gregario, così come sia stato tentato ad attaccare nel dislivello più temuto e impegnativo della competizione. Roglic, secondo chi gli sta vicino, voleva semplicemente mettere il proprio timbro sulla tappa più importante della Vuelta, ma il suo attacco, che ha portato Kuss a staccarsi, non è piaciuto a Zeeman.
L’addio spiegato da Zeeman: lo strappo sull’Angliru
Il direttore sportivo della Jumbo Visma ha una filosofia chiara. Nessuno spazio per i battitori liberi, né per gli incursori. E nella riunione pre gara, gli ordini erano stati perentori. Roglic, Vingegaard e Kuss dovevano rimanere tutti insieme sull’Angliru per tenere a bada gli avversari. Istruzioni disattese dallo sloveno. Il regolamento di conti è arrivato immediatamente. In serata Zeeman ha riunito la squadra e sottolineato l’atteggiamento di Roglic. Tutti i compagni di squadra hanno preso posizione a favore di Kuus, sostenendo che occorreva correre solo per lui. Questo è bastato a Roglic per sentirsi tradito. La ricostruzione del DS però non lascia spazio alle interpretazioni: “Quando corri in salita, con pendenze fino al 20%, non puoi aspettarti che i ragazzi pensino con lucidità ma il nostro team è nato nel 2016 con una solida base. Il ciclismo per noi è uno sport di squadra, non individuale. Quella sera ho riunito tutti gli uomini attorno allo stesso tavolo e ho detto ai ragazzi, cosa era successo. Tutti hanno pensato che si dovesse andare per Kuss, tutti tranne Roglic”. Che correrà, casualmente o forse no, con un altro team.