Il razzismo, purtroppo, ancora oggi torna a riempire le pagine di cronache di calcio. Vediamo quali sono stati gli episodi più controversi degli ultimi anni
Nella scorsa giornata di campionato Mike Maignan, portiere del Milan, è stato vittima di insulti razzisti nel corso della partita Udinese-Milan, terminata con il punteggio finale di 2-3, in favore della squadra rossonera. I tifosi della squadra di casa, infatti, si sono resi protagonisti di gesti e insulti a dir poco vergognosi nei confronti del portiere del Milan, comportamenti che hanno portato alla sospensione della partita, ma non di certo alla soluzione del problema. L’accusa del numero uno rossonero è stata netta, ma non è di certo la prima volta che episodi del genere macchiano la storia di questo sport. Vediamo le altre volte in cui sono accadute situazioni di questo genere.
Un atto discriminatorio nei confronti di Maignan si era già verificato nel riscaldamento di Juventus-Milan nel settembre 2021. Il portiere, subito dopo la fine del match aveva condiviso sui suoi profili social un pensiero che oggi risuona quasi come una profezia: “Fino a quando questi episodi saranno considerati ‘incidenti isolati’ senza adottare misure globali, la storia è destinata a ripetersi in modo persistente“. E così è accaduto, alcuni mesi dopo, nel confronto contro il Cagliari a marzo 2022, quando anche il compagno di squadra Tomori fu oggetto di atti discriminatori.
Un altro episodio risale al 4 gennaio 2023, quando, nel corso dell’incontro Lecce-Lazio, il settore riservato ai tifosi ospiti rivolse cori discriminatori ai giocatori giallorossi Umtiti e Banda, portando all’interruzione della partita da parte dell’arbitro Marinelli a metà del secondo tempo e all’intervento obbligato dello speaker. Il giudice sportivo in quel caso emanò la decisione di chiudere la Curva Nord per una giornata.
Un altro grave episodio risale a solamente 3 mesi dopo: il 4 aprile 2023, quando durante la semifinale d’andata di Coppa Italia tra Juventus e Inter, Lukaku, dopo aver segnato il rigore del pareggio, esultò mimando un gesto militare, rivolgendo il dito davanti alla bocca verso la curva bianconera. In tutta risposta, i tifosi della Juventus iniziarono a rivolgere cori discriminatori nei confronti del giocatore, la cui reazione gli costò il cartellino rosso. Il giudice sportivo, in questo caso, dispose la chiusura del settore Tribuna Sud primo anello dello Juventus Stadium per un turno, ma la Corte sportiva d’appello successivamente accolse il ricorso della Juventus, annullando la sanzione. Il presidente federale Gravina, di tutta risposta, concesse a Lukaku la grazia, evitandogli la squalifica.
Il 7 maggio dello stesso anno, in occasione della partita di campionato tra Atalanta e Juventus, l’attaccante dei bianconeri Dusan Vlahovic fu soggetto di continui insulti di natura discriminatoria. Nonostante l’interruzione dell’arbitro e gli annunci dagli altoparlanti, gli epiteti offensivi continuarono a persistere. Successivamente, l’attaccante bianconero celebrò il gol del 2-0 da lui siglato ponendo brevemente l’indice sul naso come gesto di silenzio e ricevette un’ammonizione per il suo gesto.
Anche la stagione 2019-20 di Serie A è stata segnato da numerosi incidenti di matrice razzista. Il 6 novembre 2019, l’ex ministro dell’Interno Luciana Lamorgese rivelò che fino a quel momento (all’11esima giornata di campionato appena disputata), negli stadi italiani si erano verificati 15 casi di violazione della legge Mancino (un decreto legge che punisce chi si macchia di insulti o atti razzisti) e che erano stati identificati 18 responsabili. Le vittime, quasi sempre, erano giocatori di colore, tra cui si annoverano Lukaku, Franck Kessie, allora centrocampista del Milan e della Costa D’Avorio, Juan Jesus, difensore brasiliano e ai tempi della Roma, Kalidou Koulibaly, allora difensore del Napoli e del Senegal nato in Francia, e Mario Balotelli, in quella stagione attaccante del Brescia e della Nazionale italiana nato a Palermo da genitori originari del Ghana. Un numero significativo, considerando che solo una parte di quella stagione è stata disputata con gli spalti aperti al pubblico.
Non è solamente il massimo campionato del nostro Paese ad avere problemi di questo genere: due episodi avvenuti sui campi di serie inferiori nel corso della scorsa stagione, infatti, hanno riportato alla luce il problema del razzismo nel calcio.
Il primo episodio avvenne in Lombardia durante una partita di Serie D tra il Sant’Angelo e lo United Riccione. Dopo un normale scontro sul campo, quattro giocatori della squadra ospite furono oggetto di cori razzisti. La vicenda fu ignorata dall’arbitro di quella partita, ma fu la sindaca di Riccione a commentare e denunciare l’accaduto.
A Treviso, invece, ful’arbitro Mamady Cissè, membro della sezione arbitrale Aia di Treviso dal 2016 e originario della Guinea, a essere vittima di insulti razzisti durante una partita di seconda categoria. Dopo aver assegnato un rigore al Fossalonga al minuto, Cissè ricevette diversi insulti di stampo razzista, decidendo immediatamente di sospendere la partita e abbandonare il campo. Il presidente della Figc, Gabriele Garavina, condannò fermamente gli attacchi, definendoli il frutto di “una cultura becera che deve essere espulsa dal nostro sistema” e sottolineando come tali fenomeni si manifestino anche al di fuori del campo, specialmente sui social network.
La tendenza degli insulti razzisti negli stadi è in continuo aumento, e questa curva in crescita è stata segnalata negli anni dall’Associazione italiana calciatori, il sindacato degli sportivi. A partire dalla stagione sportiva 2013/2014, l’associazione ha istituito un osservatorio per monitorare tutti gli atti di violenza, intimidazione e minacce rivolti ai calciatori, sia professionisti che dilettanti. Nella stagione 2018/19, è stato dedicato un report specifico sugli episodi di discriminazione razziale, cercando di portare l’attenzione sul problema, in modo tale da trovare una soluzione nel più breve tempo possibile, ma ad oggi possiamo dire che nulla sembra essere cambiato. Damiano Tommasi, ex calciatore della Roma e della nazionale e presidente dell’associazione fino al novembre del 2020, spiegò che nonostante le numerose campagne e iniziative formative nel corso degli anni, mentre si cerca di combattere questo fenomeno si avverte una sensazione di impotenza. Per eliminare questa sensazione di impotenza, tutti quanti dovrebbero darsi da fare per trovare una soluzione al razzismo negli stadi. I primi a cui si chiede un aiuto concreto sono le società, le quali troppo spesso hanno lasciato correre, arrivando addirittura a fare ricorsi per difendere i propri tifosi che si sono macchiati di gesti deplorevoli. Se non si combatte tutti insieme non si porrà mai la parola fine a questo problema.
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