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New Zealand: il capolavoro dell’innovazione e della mistica dal 2013

Nel 2013, un anno destinato a cambiare la storia della America’s Cup, il team neozelandese si trovava in una posizione di vantaggio. Nella suggestiva baia di San Francisco, New Zealand conduceva per 8-1 contro Oracle, il team americano vincitore delle due edizioni precedenti. Alla vigilia dell’ultimo round, nonostante i tentativi di scaramanzia, Oracle iniziò una rimonta straordinaria, vincendo regata dopo regata fino a ribaltare il risultato. Gli inglesi del Guardian paragonarono questo ribaltone al celebre successo del Liverpool contro il Milan nel 2005 in Champions League.

Il risveglio di un sogno infranto

Quattro anni dopo, Dan Bernasconi, coordinatore del team New Zealand, ricordava ancora quell’esperienza con un misto di incredulità e stanchezza. “Tutti erano piuttosto devastati, non solo increduli”, raccontava. La sconfitta non era solo una questione di regata, ma di futuro, poiché l’edizione successiva dell’America’s Cup sarebbe stata molto diversa. Il desiderio di rivincita ha spinto il team a trasformare la delusione in determinazione, portando Emirates Team New Zealand a diventare una delle squadre più straordinarie.

Innovazione e strategia: la chiave del successo

Il terzo successo consecutivo dei Kiwi nel 2024 è un viaggio iniziato nel 2013, passando per il trionfo del 2017 alle Bermuda. In quell’anno, i neozelandesi introdussero il rivoluzionario sistema “cycle grinder”, che utilizzava la forza delle gambe anziché delle braccia per alimentare i catamarani volanti. Questa innovazione migliorò l’efficienza complessiva e segnò una svolta nelle competizioni veliche. L’innovazione è palpabile nelle imbarcazioni di New Zealand, che volano sull’acqua con un rumore che si avverte anche sul mare di Barcellona, dove il team ha raggiunto un trionfo leggendario.

Un legame profondo con la natura

Quando Ineos sembrava pronto a una rimonta, New Zealand mise le cose in chiaro: “Ci siamo ripresi da quegli errori che abbiamo fatto. I cyclors hanno fatto la loro parte, abbiamo chiesto molta potenza”. Per comprendere il significato profondo di questo successo, basta osservare i maori. Ogni giorno di gara, il waka, una canoa, guidava il Team New Zealand fuori dal porto di Barcellona come una “guardia d’onore maori”. Il legame profondo con l’oceano e la terra distingue New Zealand dagli altri team.

La spiritualità dell’America’s Cup

Per i Kiwi, l’America’s Cup non è solo una competizione tecnologica, ma anche una questione spirituale, intrecciata con la natura. Questo legame è stato rafforzato dalla presenza dell’equipaggio maori, invitato a unirsi al team nel porto spagnolo da Grant Dalton, decano della vela neozelandese. “Siamo un team neozelandese che rappresenta il nostro paese, la nostra cultura e la nostra innovazione con grande orgoglio sulla scena mondiale”, affermano con fierezza.

Una vittoria che segna la storia

La natura ha sempre giocato un ruolo cruciale per queste imbarcazioni, con i meteorologi del team che forniscono informazioni cruciali durante le competizioni. Dopo la vittoria del 2017 contro Oracle, migliaia di persone si riversarono per le strade di Auckland, e lo stesso accadde nel 2021, quando New Zealand vinse contro Luna Rossa. Il successo di quest’anno contro Ineos rappresenta l’apice di un percorso di crescita e innovazione. Questo è un capolavoro di resilienza e innovazione, rendendo New Zealand un esempio da seguire nel mondo della vela e oltre.

Luca Baldini

Ciao a tutti, mi chiamo Luca Baldini e sono redattore sportivo di Wigglesport! Scommetto che non vi sareste mai aspettati di incontrare un tizio così appassionato di sport "minori". Ebbene sì, mentre tutti gli altri seguono i grandi nomi del calcio e del basket, io mi tuffo a capofitto nel mondo affascinante delle discipline meno conosciute! La mia curiosità per gli sport alternativi è nata quasi per caso. Cresciuto tra le Alpi piemontesi, tra una discesa sugli sci e una partita a curling con gli amici, ho sviluppato un amore viscerale per tutte quelle attività che non sempre fanno i titoli dei giornali. Dai Campionati Mondiali di Badminton ai Tornei Internazionali di Bocce, ho sempre avuto un debole per tutto ciò che è insolito e sorprendente. Dopo aver terminato gli studi in Comunicazione e Giornalismo a Torino, ho realizzato il mio sogno di diventare redattore sportivo, portando con me questa passione fuori dal comune. All'inizio la mia famiglia e i miei amici mi prendevano bonariamente in giro ("Luca, chi vuoi che legga di un torneo di cricket islandese?"), ma con il tempo hanno imparato ad apprezzare la bellezza degli sport minori e il mio modo di raccontarli. Ho avuto la fortuna di viaggiare in tutto il mondo per seguire competizioni di ogni genere, descrivendo con passione le performance di atleti incredibili che gareggiano lontano dai riflettori della ribalta mediatica. La mia scrivania? Un arcobaleno di locandine di eventi da ogni angolo del globo! Se c'è una cosa che amo del mio lavoro, è la capacità di portare alla luce storie emozionanti e spesso trascurate. Raccontare le gesta di un arciere paralimpico o la preparazione di una squadra di rugby su sedia a rotelle mi riempie di orgoglio e mi spinge a essere sempre più curioso. Quando non sono impegnato a scrivere o a seguire competizioni improbabili, mi piace partecipare personalmente ad alcuni di questi sport. E sì, ho collezionato più magliette da gara di corse con i sacchi e di tornei di palla tamburello di quante ne possa contare! Quindi, se mai sentite parlare di uno sport di cui nessuno sa nulla, c'è una buona possibilità che io sia lì a raccontarlo. Perché, in fondo, ogni disciplina ha una sua magia speciale, e io sono qui per condividere quella magia con voi. A presto,

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Luca Baldini

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