Tutte le squadre della NBA, anche le peggiori, vincono almeno una manciata di partite e per una serie di svariati motivi. Il più valido? Essendocene da disputare 82 in stagione, è quasi fisiologico che, per mera statistica, si arrivi a vincerne qualcuna. I Detroit Pistons però si stanno impegnando parecchio per entrare nella storia del basket americano… dalla porta sbagliata.
La squadra viaggia su una media raccapricciante: 6,7% di vittorie. Mantenendo questo passo, chiuderebbero la stagione con cinque vittorie e 77 sconfitte, che rappresenterebbe di gran lunga il dato peggiore di sempre. Il che non è impossibile, considerando che nelle ultime 55 partite hanno sommato 4 vittorie e 51 sconfitte. E fermandosi allo status quo, sono passati due mesi dall’ultimo successo, prima di uscire sconfitti per 27 partite di fila.
I Detroit Pistons potrebbero scrivere un trattato su come sbagliare tutto il possibile nella programmazione di una squadra di basket NBA. Il 2023/2024, nelle intenzioni, doveva essere la stagione della crescita ma si sta rivelando come l’ennesimo flop. I Pistons stanno attraversando l’inferno da circa 10 anni, nonostante siano una franchigia che abbia scritto la storia della NBA. Tre anelli e cinque titoli della Eastern Conference sono un lontano ricordo. Dal 2005 i Pistons si sono presentati ai play off solamente in tre occasioni e racimolando in tutti i casi un sonoro 4-0. Da quattro stagioni non riescono a superare il 30% di vittorie ma arrivare a 27 ko consecutivi equivale a toccare e raschiare il fondo come nessuno avrebbe potuto mai immaginare.
In quel di Detroit le idee sono abbastanza chiare, esattamente come il colpevole. La maggior parte degli indici è puntata sulla proprietà. Tom Gores ha ufficializzato l’acquisto dei Pistons nel 2011 per 325 milioni, cifra che la stampa ha considerato “un regalo”. In questi anni ha provato quasi di tutto passando da un approccio aggressivo al mercato alla costruzione di una squadra che durasse negli anni, pianificandone la crescita mattone su mattone. Non ha evidentemente funzionato, fra troppe occasioni sprecate nel draft, sino ai continui ribaltoni alla guida tecnica. Risultato: una squadra formata da giovani e un coach come Monty Williams che sta ottenendo risultati esattamente opposti al suo stipendio, il più alto della NBA: e così i Pistons, ormai ribattezzati “Titanic” al di là dell’Oceano, navigano a vista, sperando di imbarcare meno acqua possibile in una stagione che è già passata alla storia come la peggiore di sempre.
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