“Ogni notte possiamo battere qualsiasi squadra della NBA. E poi ogni notte possono prenderci a calci in culo ”. Pensieri e parole di LeBron James che, con il passare delle partite, sta pericolosamente mutando il suo atteggiamento verso la rassegnazione ad una stagione nerissima. Neanche il più acerrimo nemico dei Lakers poteva immaginare qualcosa del genere.
Il Re LeBron si arrabbia spesso in campo, ma cambia radicalmente anche il proprio modo di fare quando qualcosa non funziona. Ed è evidente che più di qualche rotella dell’ingranaggio dei Lakers si sia inceppata: due sconfitte consecutive riportano il saldo in negativo (24-25). La sconfitta contro gli Hawks (138-122) lascia ancora una volta la squadra piena di dubbi, mentalmente e fisicamente in preda a una sofferenza che viaggia in modo direttamente proporzionale al trascorrere del tempo e delle partite.
Si naviga a vista, in attesa della pausa dell’All Star per staccare e analizzare a freddo la situazione al limite del dramma sportivo. I Lakers, o quel che ne resta, devono trovare un minimo di regolarità ed evitare continui tracolli contro squadre di minore cabotaggio se vogliono centrare almeno i play off. Quel che spaventa è che questa squadra, già sull’orlo dell’abisso, non ha bisogno di molto altro per precipitare perché tende a riuscirci benissimo da sola a darsi l’ultima spinta.
Immagine | EpaLe prospettive, in questo momento, sono tutt’altro che incoraggianti. Anthony Davis è rimasto a guardare giocare i compagni. La sua assenza evidentemente si sente, ma diventa insopportabile se anche LeBron James si deve arrendere, ogni tanto, a quella carta di identità che dichiara comunque 39 primavere. The King, al netto di un infortunio al ginocchio, ha giocato una partita stoica: ha messo a segno 20 punti, 8 rimbalzi e 9 assist, giocando quasi 35 minuti. Non è possibile pensare di amministrare così i tempi di gioco di un fuoriclasse assoluto e indiscutibile ma che rischia l’usura.
James ci ha provato, ma la sua faccia quando ha messo a segno un blocco spettacolare e che nessun compagno di squadra ha saputo sfruttare sul rimbalzo ha assunto una espressione a metà fra lo sdegno e la frustrazione. Uno sguardo che riassume il poco che la squadra è in grado di proporre qualcosa di diverso. Del resto, i Lakers, tolto LeBron, non ha chi sia davvero in grado di prendersi sulle spalle la responsabilità di trascinare i compagni in un momento di difficoltà. E i risultati (non) si vedono.
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