La Supercoppa Italiana 2024 è entrata di diritto tra le più discusse di sempre, e l’arbitraggio della finale è solo la punta dell’iceberg
L’Inter è campione della Supercoppa Italiana 2024, ma questa non è di certo la questione di cui si è maggiormente discusso a partire da ieri sera. Questa edizione, giocata in quel di Riyad, in Arabia Saudita, infatti, ha lasciato dietro di sé una scia di polemiche e proteste, iniziate sin dalla sua apertura e non ancora terminate dopo il triplice fischio della finale, che ha visto la vittoria dell’Inter ai danni del Napoli. La squadra partenopea, infatti, recrimina per i diversi errori arbitrali commessi dal direttore di gara Rapuano. Ecco le parole di Walter Mazzarri contro la direzione di gara e tutte le altre polemiche scoppiate in occasione della Supercoppa Italiana di quest’anno.
Partiamo dall’evento più recente: la finale di ieri sera. La squadra di Simone Inzaghi ha alzato al cielo la coppa grazie al gol al 91esimo minuto del giocatore più in forma di tutta la Serie A, Lautaro Martinez, il quale ha deciso una partita alquanto entusiasmante e frizzante, ma non priva di polemiche. L’episodio decisivo, infatti, è stata l’espulsione del Cholito Simeone, arrivata al 60esimo minuto per doppia ammonizione. Per il mister degli azzurri, Walter Mazzarri, il primo cartellino giallo rimediato dal proprio attaccante non era assolutamente da punire con una sanzione, motivo per cui il mister ha deciso di disertare la premiazione, esattamente come fece nel 2012, dopo la sconfitta (anche in quel caso in Supercoppa) contro la Juventus.
Ed è proprio a quella partita che l’allenatore del Napoli ha fatto riferimento al momento dell’espulsione di Simeone: “Peggio di Pechino! È un’assurdità!“. Undici anni fa, in Cina, gli azzurri (sul 2-2 contro la Juve) rimasero in nove nel finale per due cartellini rossi assegnati dall’arbitro Mazzoleni: il primo, diretto, a Goran Pandev per una frase irrispettosa, mentre il secondo, per doppia ammonizione, a Juan Camilo Zuniga.
Dopo il gol di Lautaro, Mazzarri si è ritirato negli spogliatoi fino alla partenza della squadra per l’aeroporto di ritorno a Napoli.
Non è solo il club partenopeo a giudicare in maniera negativa l’operato di Rapuano: anche il Corriere dello Sport critica pesantemente le decisioni arbitrali, assegnando un 4 in pagella. Questo il commento: “Perde la partita Rapuano con una condotta tecnico disciplinare folle, sotto gli occhi di Rocchi (che s’è dovuto smazzare da solo le critiche post gara): c’era bisogno di far venire un arbitro dall’Italia, chi era già a Riyad non andava bene? Se questo è uno dei migliori, siamo messi malissimo. Zero accettazione, gara condizionata (rovinata?) da lui. Malissimo”. E sull’episodio dell’espulsione viene sottolineato: “Sbagliato il doppio giallo a Simeone. E se ci può stare il secondo (chiamato da Di Bello, anche il timing in ritardo è un segnale) per un pestone (neanche pieno) a Acerbi, il primo è follia: Çalhanoglu è appena uscito dalla propria area, ha la difesa del Napoli schierata davanti, non è né Spa, né imprudente. Per tutti: intransigente con Simeone, perdona due falli su tre di Çalhanoglu. Vista col metro della ripresa entrambi da ammonizione. Graziato”.
La serata, però, non è stata macchiata solamente da un operato insufficiente da parte dell’arbitro: prima dell’avvio del secondo tempo della Supercoppa, Napoli e Inter hanno dedicato un minuto di silenzio per commemorare Gigi Riva, leggenda del Cagliari e della Nazionale italiana, morto ieri sera all’età di 79 anni. La scelta di farlo dopo l’intervallo è stata dettata dal ritardo della notizia sulla morte del campione. Malgrado le spiegazioni attraverso gli altoparlanti sul motivo del momento di raccoglimento, la reazione del pubblico arabo è stata quella di fischiare. La Lega di Serie A ha chiarito che questi fischi, udibili in TV, sono attribuibili al fatto che nella cultura araba non è comune osservare il silenzio in memoria dei defunti, suscitando evidentemente fastidio. In risposta, gli spettatori italiani sugli spalti hanno applaudito, rendendo omaggio al ricordo del giocatore. Certo, la scusa della diversa cultura a proposito del minuto di silenzio può essere una spiegazione plausibile, ma quello che è successo è, senza dubbio, un’offesa che non deve essere trascurata, e che dovrebbe far riflettere la Lega a proposito dell’organizzare competizioni in un altro Paese.
Un altro episodio a dir poco sconcertante è stato quello che è andato in scena durante la prima semifinale di questa Supercoppa, che ha visto il Napoli superare la Fiorentina con un netto 3-0. Un’affluenza di circa cinquemila, forse seimila spettatori in uno stadio da venticinquemila posti a Riyad, la capitale dell’Arabia Saudita, dove si tengono le partite dell’Al Nassr di Cristiano Ronaldo. Le immagini desolanti, specialmente quelle aeree, del contesto di Napoli-Fiorentina, la prima semifinale della Supercoppa italiana, hanno fatto il giro del mondo, rappresentando una cartolina poco lusinghiera per il nostro calcio. Certo, la Lega ha siglato un contratto quadriennale per giocare in Arabia durante l’estate scorsa, a cifre che risultano difficili da rifiutare: 23 milioni per questa edizione, con un premio di 8 milioni per il vincitore, 5 per il secondo classificato, 1,5 per le altre due squadre e 6 milioni da distribuire tra quelle che sono rimaste a casa, ma forse sarebbe bene valutare l’eventuale danno a livello d’immagine, che potrebbe costare davvero molto al nostro campionato.
Non sono solamente queste le critiche che sono state rivolte contro la decisione di far giocare partite delle nostre squadre in Arabia Saudita. In molti, infatti, hanno voluto ricordare i diversi diritti umani che vengono violati nel Paese arabo. Amnesty International, ad esempio, è stata molto critica nei confronti di questa decisione della Serie A. In un comunicato, il ramo italiano della principale organizzazione globale impegnata nella tutela dei diritti umani ha affermato: “Il calcio non può rinunciare ai valori, vendere la passione dei tifosi e sé stesso, in cambio di soldi. Se lo fa minaccia la sua stessa identità di sport per trasformarsi in strumento di un processo di cancellazione della realtà. Una realtà che, in Arabia Saudita, è violazione dei diritti umani, violenza e totalitarismo”. La firma è di Riccardo Cucchi, giornalista, scrittore e presidente del premio Sport e diritti umani, istituito nel 2019 da Amnesty International e da Sport for Society.
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