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Napoli fa la storia: il match che mise l’Italia in fuorigioco

Cinquant’anni fa, nel novembre del 1974, il Napoli di Luis Vinicio si trovava all’avanguardia di una rivoluzione calcistica. Vinicio, soprannominato ‘O Lione, era il primo allenatore in Italia a sperimentare la tattica del fuorigioco come parte integrante del gioco. Questa innovazione era già stata esplorata all’estero, in particolare dall’Ajax di Johan Cruijff, che aveva dominato la scena europea vincendo la Coppa dei Campioni per tre anni consecutivi. Cruijff aveva influenzato l’intero movimento calcistico olandese, culminando nella rivoluzione del Calcio Totale durante i Mondiali del 1974 in Germania.

In Sudamerica, il concetto di fuorigioco era già stato integrato nelle strategie di molte squadre. Fu proprio durante una vacanza in Brasile che Vinicio si accorse dell’efficacia di questa tattica. Le squadre brasiliane mettevano gli avversari in fuorigioco frequentemente, destabilizzando le loro manovre offensive. Al suo ritorno in Italia, Vinicio decise di applicare questa strategia al Napoli, un club che aveva appena concluso una stagione impressionante, classificandosi terzo in campionato.

La trasformazione della difesa

Vinicio era deciso a trasformare la difesa del Napoli, che nella stagione precedente aveva subito 28 gol in 16 partite. La sua visione era chiara: accorciare le distanze tra i difensori e manovrare in spazi ristretti. L’idea era di attaccare l’avversario in possesso di palla ovunque si trovasse, costringendolo al passaggio. In questo modo, quando l’attaccante avversario scattava, i difensori del Napoli si fermavano o avanzavano, mettendo l’attaccante in fuorigioco.

Il ruolo di Tarcisio Burgnich

Un ruolo cruciale in questa strategia fu svolto da Tarcisio Burgnich, conosciuto come “La Roccia”. Dopo aver lasciato l’Inter, Burgnich si unì al Napoli a 34 anni, un’età in cui molti pensano al ritiro. Vinicio lo trasformò in un battitore libero, permettendogli di esplorare una nuova dimensione del suo gioco. Sebbene inizialmente Burgnich avesse difficoltà ad adattarsi alla tattica del fuorigioco, divenne presto un suo brillante interprete. La difesa del Napoli, composta oltre a Burgnich da La Palma, Pogliana e Bruscolotti, operava in sintonia, seguendo i movimenti del loro leader.

L’effetto psicologico della tattica

Il portiere del Napoli, Gedeone Carmignani, sottolineò l’effetto psicologico che questa tattica aveva sugli avversari, spesso sorpresi e irritati nel trovarsi ripetutamente in fuorigioco. Con l’inizio della Serie A 1974-75, i risultati non tardarono a manifestarsi. Per nove giornate consecutive, il Napoli rimase imbattuto, vincendo contro Ascoli, Lanerossi Vicenza e Cagliari, e pareggiando sei partite. Alla fine del girone di andata, il Napoli aveva subito solo due sconfitte.

La determinazione del Napoli

Dopo una pesante sconfitta contro la Juventus, Vinicio chiese ai suoi giocatori se volessero abbandonare la tattica del fuorigioco per tornare alla marcatura a uomo. La risposta fu unanime: il Napoli avrebbe continuato sulla strada tracciata da Vinicio, puntando su fuorigioco, pressing e zona mista. Questa scelta si rivelò vincente, e il Napoli tornò a esprimere un calcio spettacolare.

Un risultato storico

La squadra fu sostenuta da una solida base difensiva e da un centrocampo orchestrato dal veterano Antonio Juliano. In attacco, la fantasia di Giorgio Braglia, soprannominato “Cavallo Pazzo”, e la determinazione di Sergio Clerici, detto “Il Gringo”, contribuirono a rendere il Napoli una delle formazioni più temibili del campionato. Clerici concluse la stagione con 14 gol, piazzandosi tra i migliori marcatori della Serie A.

Il Napoli chiuse la stagione al secondo posto, un risultato storico per il club, precedendo di molti anni i trionfi dell’era Maradona. La squadra perse solo tre partite in tutto il campionato, dimostrando che la rivoluzione di Vinicio non era solo una teoria, ma una pratica vincente. Vinicio aveva capito che nel calcio il successo arriva attraverso il gioco, un concetto che oggi è largamente accettato, ma che all’epoca era rivoluzionario. La sua visione ha lasciato un segno indelebile nella storia del calcio italiano, dimostrando che innovazione e coraggio possono portare a risultati straordinari.

Stefano Cerulli

Stefano è un appassionato di sport e redattore sportivo con una carriera che riflette il suo profondo amore per il calcio e l'atletica. Nato a Milano nel 1985, ha nutrito fin da giovane una passione innata per lo sport, alimentata dalle domeniche passate sugli spalti dello stadio San Siro e dalle interminabili ore di allenamento sulle piste d'atletica locali. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze della Comunicazione presso l'Università degli Studi di Milano, Stefano ha iniziato la sua carriera nel mondo del giornalismo sportivo. I suoi primi articoli, pubblicati su riviste minori, hanno subito messo in luce la sua abilità nel raccontare con vividezza e competenza le vicende sportive, catturando l'attenzione di un pubblico sempre più vasto. Stefano è noto per il suo stile di scrittura coinvolgente, capace di trasmettere non solo i fatti ma anche le emozioni e la tensione che caratterizzano ogni evento sportivo. La sua capacità di analisi e la profonda conoscenza tecnica dei diversi sport gli permettono di offrire ai lettori articoli di grande qualità, che spaziano dalle cronache più avvincenti alle analisi tattiche più approfondite. Oltre alla sua attività di redattore, è anche un promotore attivo dello sport giovanile. Dedica il suo tempo libero a organizzare eventi e workshop per giovani atleti, con l'obiettivo di trasmettere loro i valori dello sport e l'importanza della corretta informazione sportiva. Sempre aggiornato sulle ultime novità del mondo sportivo, Stefano continua a essere una voce rispettata e autorevole nel giornalismo sportivo italiano, rappresentando un punto di riferimento per tutti gli appassionati di calcio e atletica.

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