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Il motomondiale si sposta a Mandalika per la tappa in Indonesia: sei gran premi alla fine e appena tre punti di distanza fra Bagnaia, chiamato a difendere il titolo in sella alla Ducati, e Jorge Martin, che insegue con la Pramac.
La Moto GP torna in Indonesia per la terza volta in generale e bissa l’appuntamento a Mandalika dello scorso anno, quando il circuito fece il suo esordio assoluto nella massima competizione motoristica a due ruote. Un tracciato lungo 4,3 chilometri ricchi di incognite. Al netto di un circuito tecnico e impegnativo con 11 curve a destra e sei a sinistra e una carreggiata larga 15 metri, da tenere d’occhio cordoli e condizioni atmosferiche.
Un clima molto umido favorisce la possibilità di violenti acquazzoni. Non a caso, nei pressi dei cordoli vi sono delle apposite feritoie ad hoc per favorire lo scolo dell’acqua. Da una parte, un beneficio, dall’altra, una enorme insidia per le moto e i piloti, chiamati ad assorbire senza danni eventuali scossoni e vibrazioni in grado di innescare cadute o rotture. Circuito che dunque richiede una guida molto delicata anche perché, secondo i dai pubblicati dalla Brembo, nella metà delle curve (9 su diciassette) si utilizzano i freni per appena 28 secondi. Nessuna staccata violenta, dunque, ma tanta attenzione.
Occhi ovviamente puntati su Pecco Bagnaia e il suo rivale, Jorge Martin. Lo spagnolo è arrivato a giocarsi il mondiale in questo rush finale correndo con una regolarità impressionate e a lui sconosciuta a certi livelli sino a questa stagione. Un percorso lineare che ha portato “Martinator” ad appena tre punti dal rivale Bagnaia che, fra cadute drammatiche (in Catalogna) e relative conseguenze trascinatesi anche in Italia, ha dilapidato il vantaggio e, in qualche modo, condizionato anche i Gran Premi successivi, affrontati giocoforza in difesa.
A restringere, nel senso più pieno del temine, il cerchio, l’errore di troppo a Buddh. Bagnaia, insomma si è infilato nel più classico del cul de sac: è in condizioni fisiche meno brillanti del rivale, che fra l’altro ha anche la serenità dei nervi distesi essendo alla guida di un Pramac e non di una Ducati ufficiale. Limitare i danni, da adesso in poi, non sarà più sufficiente in un appuntamento che è anche il primo di tre gran premi consecutivi, passaggio decisivo per l’assegnazione del titolo mondiale che, comunque vada, resterà in casa Ducati. A Borgo Panigale, in questo senso, non hanno, o perlomeno non lasciano intravedere alcun tipo di preferenza. Nessun favoritismo, assicurano. Alla pista, dunque, l’ardua sentenza.
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