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Morata: la mia battaglia contro la depressione e gli attacchi di panico

Álvaro Morata, noto attaccante spagnolo attualmente in forza al Milan, ha recentemente condiviso pubblicamente una parte profondamente personale e difficile della sua vita, rivelando come abbia dovuto combattere contro la depressione e gli attacchi di panico. Durante un’intervista alla radio spagnola Cope, Morata ha raccontato dettagliatamente il suo travaglio emotivo, offrendo un raro sguardo dietro le quinte di ciò che spesso viene considerato un mondo glamour e invidiabile come quello del calcio professionistico.

Morata ha spiegato che, nonostante il successo professionale e la visibilità come calciatore, si è trovato ad affrontare una lotta interna che non conosceva confini. “Quando attraversi momenti davvero difficili, come la depressione o gli attacchi di panico, non importa quale lavoro fai o in quale situazione ti trovi nella vita, hai una persona dentro contro cui devi lottare ogni giorno e ogni notte”, ha dichiarato. Queste parole rivelano una vulnerabilità che non tutti sono disposti a mostrare, specialmente in un contesto dove la forza e la determinazione sono spesso esaltate.

Le critiche e il clima ostile

Dopo la finale del Campionato Europeo, Morata ha affrontato un’ondata di critiche da parte dei tifosi spagnoli, che non si limitavano ai social media, ma si manifestavano anche nella vita quotidiana, ad esempio nei ristoranti o nei supermercati. Questo clima ostile ha contribuito a peggiorare il suo stato mentale, portandolo a considerare l’idea di lasciare la Spagna. Ha sentito il bisogno di allontanarsi per ritrovare serenità e concentrazione, un passo difficile ma necessario per il suo benessere.

Il supporto fondamentale

Durante il ritiro con la nazionale spagnola, impegnata nella Nations League contro la Danimarca, Morata ha voluto ringraziare pubblicamente le persone che lo hanno supportato in questo periodo buio. Figure come Diego Pablo Simeone, Koke, Miguel Ángel Gil, i compagni di squadra e lo staff della nazionale, il suo psichiatra e il suo “coach” personale sono state fondamentali nel suo percorso di recupero. Il supporto di queste persone ha rappresentato per lui un faro di speranza in un momento in cui tutto sembrava perso.

La paura di non tornare in campo

Morata ha ammesso che, a un certo punto, non era sicuro di poter tornare a giocare a calcio. “Credo sia la prima volta che lo dico apertamente, ma sì, ho passato un periodo molto brutto e pensavo che non sarei stato in grado di giocare in campo”, ha confessato. Ha descritto episodi di ansia così intensi da impedirgli di compiere gesti semplici come allacciarsi le scarpe, con la gola che si chiudeva e la vista che si offuscava. Un quadro che dipinge un chiaro segnale dell’urgenza di affrontare e discutere apertamente la salute mentale, anche in contesti che all’apparenza sembrano privilegiati.

La facciata di perfezione

Il calciatore ha riflettuto sul fatto che il mondo del calcio, e in generale quello delle celebrità, richiede spesso di mantenere una facciata di perfezione e forza. Tuttavia, Morata sottolinea che questa immagine non è sempre reale e che dietro ci sono esseri umani con le loro fragilità e insicurezze. La sua confessione rappresenta un passo importante verso una maggiore comprensione e accettazione delle problematiche legate alla salute mentale, incoraggiando altri a parlare apertamente delle proprie esperienze.

Il trasferimento e la guarigione

Morata ha anche toccato l’argomento del suo trasferimento dall’Atletico Madrid e della Spagna, spiegando che inizialmente desiderava rimanere, ma le circostanze lo hanno portato a cambiare idea. In Italia, ha trovato un ambiente diverso, dove queste problematiche non si sono presentate con la stessa intensità. Questa differenza culturale e ambientale ha giocato un ruolo significativo nel suo percorso di guarigione.

Le parole di Álvaro Morata sono un potente richiamo all’importanza di riconoscere e affrontare le problematiche legate alla salute mentale, dimostrando che nessuno è immune e che chiedere aiuto è un segno di forza, non di debolezza. La sua testimonianza offre speranza e ispirazione a chiunque stia lottando in silenzio, mostrando che è possibile ritrovare la luce anche nei momenti più bui.

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