I mondiali di rugby volgono al termine verso una finale annunciata quanto sperata dai tifosi neutrali. Nuova Zelanda e Sudafrica potrebbero giocarsi una clamorosa rivincita dell’edizione del 1995, prima e unica volta che nazionali di due emisferi diversi si sono incrociate in finale. In attesa dell’esito di Argentina – Nuova Zelanda e Inghilterra – Sudafrica, la kermesse francese ha lasciato in eredità diversi elementi.
Il mondiale delle nazionali underdogs
A conti fatti è comunque il mondiale degli underdogs. L’Irlanda, che si era presentata al primo posto nel ranking mondiale, ha ceduto il passo ai quarti di finale alla Nuova Zelanda che, quando il gioco si è fatto duro, ha saputo ricompattarsi ritrovando lo spirito “all blacks”. L’Inghilterra era solo al sesto posto, mentre l’Argentina era una posizione più indietro. Hanno rispettivamente eliminato Fiji e Galles, ma con queste vittorie sembrano anche aver esaurito il libretto degli assegni delle imprese. Arrivare in fondo sarebbe una impresa storica, anche perché nessuna nazionale è mai riuscita a vincere il Mondiale o ad arrivare in finale partendo da una posizione inferiore al quarto posto nel ranking.
La top 10 e l’Italia: un traguardo alla portata
Le Isole Fiji hanno conservato l’ultimo posto nella top 10 nonostante la sconfitta contro l’Inghilterra ma sono avvicinati dalla nazionale italiana, a caccia di quel decimo posto che la collocherebbe nel gotha dello sport della palla ovale. L’impresa è quanto mai complicata anche se l’undicesimo posto attuale fotografa comunque il valore di una nazionale che è riuscita a scalare due posizioni. Resta da chiedersi anche quale siano le prospettive di un gruppo che ancora una volta ha dovuto rimandare l’appuntamento con l’ingresso ai quarti di finale. In questo senso, gli alibi non mancano.
Italrugby, lavorare sulla base per un futuro diverso
Gli azzurri erano stati inseriti in un girone impossibile: scalzare una nazionale fra Francia e Nuova Zelanda era un’impresa al limite del miracolo sportivo. Non è accaduto, ma è altrettanto innegabile che, al netto di qualche inevitabile sofferenza legata alle tensioni e all’aspetto psicofisico di un torneo così logorante nei muscoli e nelle gambe, l’Italia abbia recitato con dignità la sua parte. Ha battuto Uruguay e Namibia, arrendendosi ai più quotati avversari. È anche vero che le due sconfitte sono maturate con risultati umilianti che hanno messo a nudo divari attualmente incolmabili. Ci sarà tempo e modo per maturare, ma la sensazione è che questa volta ci siano le basi per costruire una nazionale più competitiva e consapevole.