Il calore e l’emozione che circondano il nome di Sinisa Mihajlovic continuano a risuonare nel cuore di molti, specialmente nel contesto del calcio italiano. A Casteldebole, sede del Bologna FC, ogni angolo sembra raccontare la storia di un uomo che ha lasciato un’impronta indelebile. Domani, la sfida tra Lazio e Bologna avrà un significato particolare per Miroslav Mihajlovic, il figlio di Sinisa, che oggi è collaboratore tecnico dell’Under 15 del Bologna. Per lui, quella di domani rappresenta non solo una partita di campionato, ma anche un tributo al padre.
Miroslav, 23 anni, porta nel suo cuore il peso del nome che rappresenta. “Nella sala riunioni qui a Casteldebole c’è una grande foto di mio padre”, racconta, visibilmente emozionato. “Non vado spesso in quella sala, ma lui è sempre presente nella mia mente, ovviamente lo vedo anche senza guardare quell’immagine”. La presenza di Sinisa è palpabile, non solo nella fotografia, ma nel modo in cui Miroslav parla di lui.
La Scelta di Allenare
Il giovane Mihajlovic confessa di non avere molti ricordi diretti di suo padre come calciatore. “Ho iniziato a ‘scoprirlo’ negli anni in cui era allenatore. Andavo a molte sue conferenze stampa e trascorrevo del tempo al campo. Non mi ha mai spinto direttamente a diventare un allenatore; è stata una scelta inconscia, assorbita nel tempo”. Cresciuto con il sogno di calcare i campi da calcio, Miroslav ha iniziato la sua carriera come centrale difensivo, ma nel profondo sapeva che la sua vera passione era l’allenamento. “Un giorno mi sono detto: allenare è ciò che amerei di più, e così ho intrapreso questo percorso”.
La sua esperienza all’Urbetevere gli ha aperto le porte del Bologna, dove sta apprendendo le complessità del ruolo di allenatore. “Sto imparando a gestire i ragazzi, a implementare diverse tattiche e a comprendere mille aspetti del gioco. Ma l’insegnamento più importante che desidero trasmettere è quello che mio padre mi ha sempre dato:
- Dare sempre il massimo
- Non accontentarsi mai
- Credere in se stessi”
Ogni giorno di lavoro con i giovani calciatori rappresenta una nuova opportunità per Miroslav di mettere in pratica ciò che ha appreso.
Un Momento di Riflessione
Il 16 dicembre segnerà il secondo anniversario dalla scomparsa di Sinisa, un momento carico di emozioni. “Non so se questi due anni siano passati lentamente o velocemente”, riflette Miroslav. “Sono stati due anni molto difficili. La mente va sempre a lui, ma ho sempre cercato di trasformare i pensieri negativi in impulsi positivi. Ho deciso di concentrarmi su ciò che lui ha trasmesso alla nostra famiglia e a tutti coloro che lo hanno conosciuto”.
Quando gli chiedono di come si sente riguardo al suo cognome, la risposta è chiara: “Nessun regalo. Non voglio che nessuno mi dia qualcosa solo per il mio cognome. Sono Miroslav e voglio dimostrare il mio valore attraverso il mio lavoro”. Questa determinazione è un riflesso dell’educazione ricevuta da suo padre, che ha sempre insegnato che nel calcio, come nella vita, nulla è dovuto.
La Partita di Papà
Domani, mentre il Bologna scenderà in campo contro la Lazio, Miroslav si troverà a vivere una giornata speciale. “È la partita di papà. Sarò all’Olimpico e mi piacerebbe avere una di quelle sciarpe doppie, con gli stemmi di entrambe le squadre”, scherza, mostrando un sorriso genuino. “Sono cresciuto come tifoso laziale, ma il Bologna è parte della mia famiglia, grazie a tutto quello che papà ha fatto per il club e per me”.
La sua ambivalenza sentimentale lo porta a esclamare: “Vinca il migliore”. In questo momento di celebrazione del calcio, Miroslav spera di onorare la memoria del padre attraverso il suo lavoro e il suo impegno. “Quando mi chiedono di lui, mi rende felice. Allenare è un modo per sentirmi vicino a lui, ma preferisco essere trattato come un giovane di 23 anni che sta imparando”.
Inoltre, Miroslav desidera trasmettere ai suoi ragazzi l’importanza del divertimento nel gioco. “Se tra cinque anni uno di loro mi dirà che si è sempre divertito ad allenarsi, per me sarà una grande soddisfazione. Papà credeva fermamente che il calcio fosse un gioco. Era severo quando necessario, ma voleva anche che ci fosse passione, impegno e, soprattutto, divertimento”.
La visione di Miroslav è chiara: vuole costruire un ambiente dove i giovani possano crescere non solo come calciatori, ma anche come persone, portando avanti l’eredità di suo padre in un modo che onori il suo spirito e la sua passione per il calcio.