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L’amore travolgente di Veronesi: Thoeni, Gros e la sua valanga

Giovanni Veronesi, regista noto per la sua passione e dedizione al mondo del cinema, ha recentemente intrapreso un viaggio personale e artistico che lo ha riportato indietro nel tempo, ai giorni della sua infanzia, quando viveva e respirava sci. La Valanga Azzurra, la leggendaria squadra italiana di sci alpino degli anni ’70, rappresentava per lui molto più di un semplice gruppo di atleti; era una vera e propria ossessione. Quella passione è sfociata in un docufilm presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, un progetto che ha visto Veronesi non solo come regista, ma anche come protagonista e anima di un racconto intimo e vibrante.

La connessione con lo sci

La sua connessione con lo sci risale a quando era solo un bambino, un piccolo sciatore con grandi sogni, tanto da simulare malattie per poter restare a casa e vedere in diretta le gare dei suoi idoli. La Valanga Azzurra, con figure iconiche come Gustavo Thoeni e Piero Gros, rappresentava un mondo di emozioni forti e di adrenalina pura. Veronesi stesso racconta di come, a soli dieci anni, fosse già uno dei giovani sciatori più promettenti d’Italia. Purtroppo, un incidente durante i Campionati toscani di discesa all’Abetone lo costrinse a interrompere il suo sogno di diventare campione.

Un sogno interrotto

L’incidente, che lo vide volare senza sci per decine di metri, lo segnò profondamente, ma non spense mai la sua passione per lo sci. Questa passione è ciò che ha alimentato il suo lavoro nel docufilm, un progetto che non avrebbe potuto dedicare a nessun altro sport. Nonostante la mancanza di un modello da seguire, Veronesi si è affidato al suo cuore e alla sua memoria, riaccendendo quelle emozioni infantili con l’aiuto del giornalista Lorenzo Fabiano, esperto di quel periodo dorato dello sci italiano.

Incontri memorabili

In questo viaggio, Veronesi ha avuto l’opportunità di intervistare i protagonisti di quegli anni gloriosi. Tra questi, Gustavo Thoeni, inizialmente restio a parlare, si è rivelato un uomo di grande ironia e profondità. Anche Ingemar Stenmark, il campione svedese noto per la sua introversione, si è aperto, condividendo addirittura alcune storie inedite sul celebre Parallelo di Ortisei del 1975. La finale di quella gara, che vide protagonisti proprio Thoeni e Stenmark, fu il risultato di una serie di ritiri e cadute sospette, orchestrate per assicurare una sfida tra i due titani dello sci.

Riconciliazione con il passato

Il docufilm ha rappresentato per Veronesi una chiusura di un cerchio, un modo per riconciliarsi con il suo passato e con un sogno interrotto. In questo progetto, ha lavorato insieme a suo fratello Sandro Veronesi e a Domenico Procacci, entrambi autori con una profonda passione per il racconto sportivo. L’esperienza di Procacci con “Una squadra”, la serie sulla Coppa Davis del 1976, è stata fonte di ispirazione per Veronesi, che ha trovato in lui un esempio di dedizione e passione.

Un sogno realizzato

Il lavoro su La Valanga Azzurra ha richiesto due anni di impegno e dedizione, un periodo in cui Veronesi ha avuto modo di vivere momenti indimenticabili con i suoi eroi di un tempo. Thoeni e Gros, oggi proprietari di alberghi, lo hanno persino invitato a sciare con loro, un’offerta che per Veronesi rappresenta un sogno realizzato. Anche se incerto se accettare, l’idea di avere la possibilità di sciare nuovamente accanto ai suoi idoli è per lui motivo di grande gioia.

L’incontro con Oreste Peccedi

Durante le riprese, Veronesi ha avuto anche l’occasione di incontrare Oreste Peccedi, l’allenatore “fantasma” della Valanga Azzurra. Peccedi, sebbene poco conosciuto al grande pubblico a causa della figura dominante di Mario Cotelli, era l’anima della squadra, un uomo che gli atleti consideravano come un padre putativo. Il suo incontro con Peccedi è stato uno dei momenti più emozionanti per Veronesi, che ha colto l’importanza del ruolo dell’allenatore nel successo di una squadra.

Una lezione di vita

Attraverso questo progetto, Veronesi ha scoperto una verità fondamentale dello sport: il talento individuale, per quanto essenziale, non è sufficiente senza il supporto e la guida di chi ti sta accanto. Questo insegnamento ha permesso a Veronesi di riflettere su se stesso e sul suo passato, immaginando quale ruolo avrebbe potuto avere nella storica Valanga Azzurra, lui che a 18 anni era un ribelle, uno spirito indomabile.

Luca Baldini

Ciao a tutti, mi chiamo Luca Baldini e sono redattore sportivo di Wigglesport! Scommetto che non vi sareste mai aspettati di incontrare un tizio così appassionato di sport "minori". Ebbene sì, mentre tutti gli altri seguono i grandi nomi del calcio e del basket, io mi tuffo a capofitto nel mondo affascinante delle discipline meno conosciute! La mia curiosità per gli sport alternativi è nata quasi per caso. Cresciuto tra le Alpi piemontesi, tra una discesa sugli sci e una partita a curling con gli amici, ho sviluppato un amore viscerale per tutte quelle attività che non sempre fanno i titoli dei giornali. Dai Campionati Mondiali di Badminton ai Tornei Internazionali di Bocce, ho sempre avuto un debole per tutto ciò che è insolito e sorprendente. Dopo aver terminato gli studi in Comunicazione e Giornalismo a Torino, ho realizzato il mio sogno di diventare redattore sportivo, portando con me questa passione fuori dal comune. All'inizio la mia famiglia e i miei amici mi prendevano bonariamente in giro ("Luca, chi vuoi che legga di un torneo di cricket islandese?"), ma con il tempo hanno imparato ad apprezzare la bellezza degli sport minori e il mio modo di raccontarli. Ho avuto la fortuna di viaggiare in tutto il mondo per seguire competizioni di ogni genere, descrivendo con passione le performance di atleti incredibili che gareggiano lontano dai riflettori della ribalta mediatica. La mia scrivania? Un arcobaleno di locandine di eventi da ogni angolo del globo! Se c'è una cosa che amo del mio lavoro, è la capacità di portare alla luce storie emozionanti e spesso trascurate. Raccontare le gesta di un arciere paralimpico o la preparazione di una squadra di rugby su sedia a rotelle mi riempie di orgoglio e mi spinge a essere sempre più curioso. Quando non sono impegnato a scrivere o a seguire competizioni improbabili, mi piace partecipare personalmente ad alcuni di questi sport. E sì, ho collezionato più magliette da gara di corse con i sacchi e di tornei di palla tamburello di quante ne possa contare! Quindi, se mai sentite parlare di uno sport di cui nessuno sa nulla, c'è una buona possibilità che io sia lì a raccontarlo. Perché, in fondo, ogni disciplina ha una sua magia speciale, e io sono qui per condividere quella magia con voi. A presto,

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