Kenny Atkinson, l’attuale coach dei Cleveland Cavaliers, è senza dubbio uno degli allenatori più promettenti e acclamati dell’NBA. La sua carriera, caratterizzata da un inizio di stagione senza sconfitte, ha messo in luce la sua abilità nel massimizzare le potenzialità dei giocatori, un talento che risale ai tempi in cui lui stesso era un atleta. Ma c’è un capitolo della sua vita che merita di essere riscoperto: il suo anno trascorso a Napoli nel 1997, un’esperienza che ha lasciato un segno indelebile sia in lui che in chi ha avuto la fortuna di conoscerlo.
Atkinson giunse in Italia con l’idea di dare una spinta alla sua carriera, ma quello che trovò fu un ambiente difficile e complesso, lontano dalla sua New York. Al suo arrivo a Capodichino, i dirigenti della canottiera Partenope, che lo avevano ingaggiato, si resero conto che l’idea di un play-guardia di colore di 1,80 metri fosse ben lontana dalla realtà. Kenny era, infatti, un uomo di pelle chiara e dal passaporto spagnolo, una situazione che creò un certo scompiglio iniziale. Nonostante la confusione, il suo spirito e la sua determinazione emersero rapidamente.
L’inizio della stagione non fu dei più semplici. Atkinson e i suoi compagni di squadra dovettero affrontare non solo la mancanza di liquidità da parte della società, ma anche le tensioni interne. Gli altri due stranieri, Yamen Sanders e Dave Johnson, rifiutarono di allenarsi a causa del ritardo nei pagamenti. In un contesto già difficile, la situazione sembrava precipitare. Eppure, Atkinson mantenne un atteggiamento positivo e non si unì alla protesta, dimostrando una professionalità che impressionò molti dei suoi compagni e dello staff.
La vera svolta avvenne quando il general manager Enzo Caserta si presentò con una valigetta carica di dollari, portando un po’ di serenità all’interno del gruppo. A Kenny toccarono 2000 dollari, una somma che, pur non risolvendo tutti i problemi, contribuì a riportare un sorriso sui volti dei giocatori. L’allenamento riprese e la squadra fu presentata ai media in un meraviglioso scenario al Circolo Savoia, dove Atkinson esclamò: “Di questa città mi piace tutto, il mare mi fa impazzire”. Queste parole rivelano come, nonostante le difficoltà economiche e logistiche, Kenny si fosse innamorato della bellezza di Napoli e della sua cultura.
Nel corso della stagione, Atkinson si distinse per le sue capacità sia in campo che fuori. Paolo Pepe, che divenne il suo allenatore dopo l’esonero di Perazzetti, ricorda che Kenny si adattò rapidamente al gruppo, diventando un elemento fondamentale. La sua etica del lavoro e il suo spirito competitivo emersero alla grande, specialmente in una partita contro Sassari, dove guidò una rimonta incredibile dopo un primo tempo disastroso. La sua determinazione e il suo carattere lo resero un giocatore rispettato, capace di sollevare il morale di una squadra che affrontava sfide quotidiane.
Atkinson chiuse la stagione con una media di dieci punti a partita, ma ciò che più contava era il legame che si era creato con i suoi compagni. Anche Sergio Mastroianni, un altro dei suoi compagni, sottolineò la sua dedizione e il suo spirito di squadra. Nonostante le sue limitazioni fisiche, Kenny si dimostrò un giocatore versatile, capace di adattarsi a diverse situazioni di gioco.
La sua amicizia con i compagni di squadra si estese anche oltre il campo. Paolo Prato ricorda un episodio divertente in cui Kenny lo portò alla base NATO per una grigliata in stile americano. La sintonia tra i due era evidente e testimonia come, nonostante le difficoltà, Atkinson fosse riuscito a costruire rapporti solidi e duraturi.
Oggi, con la sua carriera da allenatore che sta raggiungendo nuove vette negli Stati Uniti, Atkinson guarda indietro alla sua esperienza napoletana con affetto. Ha detto in un’intervista che quella stagione è stata una delle più belle della sua vita, un periodo in cui la pallacanestro si intrecciava con la cultura e la bellezza dell’Italia. La mozzarella fresca che acquistava ogni mattina a Pozzuoli, le gite a Ischia e la vivacità dei derby sono solo alcuni dei ricordi che ancora oggi lo commuovono.
È probabile che, mentre i Cavaliers continuano a stupire in NBA, Kenny Atkinson non dimentichi mai le sue radici e il periodo trascorso in quella magnifica città. La sua storia è una testimonianza di come lo sport possa unire culture diverse e creare legami indissolubili, rendendo ogni esperienza unica e preziosa.
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