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Jacobs: Arrivare ultimo è meglio che barare

Marcell Jacobs, il campione olimpico di velocità, è tornato al centro dell’attenzione non solo per le sue straordinarie performance atletiche, ma anche per le recenti polemiche legate alle accuse di doping che lo hanno circondato dopo la sua storica vittoria alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Durante un’intervista con ‘Le Iene Show’ su Italia 1, Jacobs ha affrontato con decisione queste illazioni, affermando: “Per me posso anche arrivare ultimo a tutte le gare. Ma pensare di barare, perché? Per quale motivo?”. Le sue parole, cariche di sincerità e determinazione, risuonano come un chiaro messaggio contro la cultura della disonestà nello sport.

L’atleta, che nel 2021 ha conquistato il titolo di campione olimpico nei 100 metri, ha vissuto un periodo difficile dopo la sua trionfale performance. “Ho pagato un prezzo? Dopo Tokyo sì, perché sembrava impossibile che un italiano potesse vincere”, ha dichiarato Jacobs, rimarcando il peso delle aspettative e delle critiche che ha dovuto affrontare una volta tornato a casa. Nonostante le voci infondate, il centometrista ha assicurato che queste calunnie “non mi hanno mai minimamente toccato”, segno di una resilienza che lo contraddistingue.

La scelta di allenarsi negli Stati Uniti

Jacobs ha scelto di allenarsi a Jacksonville, in Florida, dove ha trovato un ambiente stimolante per ritrovare la sua forma migliore. “Siamo venuti dall’altra parte del mondo per allenarci nel miglior modo – ha spiegato – Sono un po’ scappato, mi sentivo perso e avevo bisogno di cambiare tutto”. La scelta di trasferirsi negli Stati Uniti non è stata solo una questione di allenamento, ma anche di rinascita personale e professionale. Il legame con la sua eredità americana, attraverso il padre statunitense che lo ha abbandonato da bambino, ha avuto un ruolo fondamentale nel suo percorso di crescita.

Il rapporto con il padre

Il padre di Jacobs, che ha servito in missione in Corea, è tornato a casa profondamente cambiato. “Quando è tornato non era più lo stesso. Non voleva più sapere niente di nessuno”, ha rivelato Jacobs, spiegando il dolore dell’abbandono e la mancanza di una figura paterna nella sua vita. Questi eventi hanno forgiato il suo carattere e la sua determinazione, ma anche una paura inconscia di non essere all’altezza delle aspettative degli altri. “Ho sempre avuto questa paura inconscia che, se non facevo bene le cose, le persone a cui volevo bene mi potessero abbandonare”, ha aggiunto.

Dopo un percorso di psicoterapia, Jacobs ha finalmente trovato la forza di riallacciare i rapporti con il padre. “Mi sono sentito un po’ più leggero”, ha commentato, mostrando quanto sia importante per lui il supporto familiare. Tuttavia, la sua crescita personale non è stata priva di sfide. “Quando però non si è presentato al mio matrimonio, all’inizio ci sono rimasto male, poi ho capito che per lui sarebbe stato troppo”, ha detto, riflettendo sulla complessità dei loro rapporti.

La competizione con Filippo Tortu

Un altro aspetto fondamentale della carriera di Jacobs è il suo rapporto con Filippo Tortu, un altro velocista italiano che ha avuto un ruolo significativo nella sua crescita atletica. “Tortu è sempre stato uno di quelli che mi ha aiutato a diventare l’atleta che sono oggi”, ha dichiarato Jacobs, raccontando di come inizialmente fosse frustrato nel cercare di superarlo. “All’inizio lo subivo molto: per quanto mi impegnassi, lui riusciva sempre a battermi. Io cercavo di migliorare, di dare qualcosa in più, ma lui era sempre davanti”, ha aggiunto.

Tuttavia, questo spirito di competizione ha spinto Jacobs a raggiungere nuovi traguardi. “Poi, quando ho fatto quel passaggio mentale che mi serviva, sono diventato il numero uno al mondo”, ha concluso, sottolineando l’importanza della mentalità vincente e della perseveranza nel raggiungere i propri obiettivi.

Jacobs non è solo un atleta di successo, ma anche un esempio di resilienza e determinazione. La sua storia è una testimonianza di come le sfide personali e professionali possano essere affrontate con onestà e integrità, valori che ha messo in primo piano anche nel dibattito sul doping. La sua posizione chiara e ferma contro le pratiche disoneste nel mondo dello sport è un messaggio importante per le nuove generazioni di atleti, che possono trarre ispirazione dalla sua esperienza.

Mentre si prepara per le prossime competizioni, Marcell Jacobs continua a lavorare duramente, dimostrando che il vero valore di un atleta non si misura solo con le vittorie, ma anche con la propria integrità e la capacità di affrontare le avversità.

Luca Baldini

Ciao a tutti, mi chiamo Luca Baldini e sono redattore sportivo di Wigglesport! Scommetto che non vi sareste mai aspettati di incontrare un tizio così appassionato di sport "minori". Ebbene sì, mentre tutti gli altri seguono i grandi nomi del calcio e del basket, io mi tuffo a capofitto nel mondo affascinante delle discipline meno conosciute! La mia curiosità per gli sport alternativi è nata quasi per caso. Cresciuto tra le Alpi piemontesi, tra una discesa sugli sci e una partita a curling con gli amici, ho sviluppato un amore viscerale per tutte quelle attività che non sempre fanno i titoli dei giornali. Dai Campionati Mondiali di Badminton ai Tornei Internazionali di Bocce, ho sempre avuto un debole per tutto ciò che è insolito e sorprendente. Dopo aver terminato gli studi in Comunicazione e Giornalismo a Torino, ho realizzato il mio sogno di diventare redattore sportivo, portando con me questa passione fuori dal comune. All'inizio la mia famiglia e i miei amici mi prendevano bonariamente in giro ("Luca, chi vuoi che legga di un torneo di cricket islandese?"), ma con il tempo hanno imparato ad apprezzare la bellezza degli sport minori e il mio modo di raccontarli. Ho avuto la fortuna di viaggiare in tutto il mondo per seguire competizioni di ogni genere, descrivendo con passione le performance di atleti incredibili che gareggiano lontano dai riflettori della ribalta mediatica. La mia scrivania? Un arcobaleno di locandine di eventi da ogni angolo del globo! Se c'è una cosa che amo del mio lavoro, è la capacità di portare alla luce storie emozionanti e spesso trascurate. Raccontare le gesta di un arciere paralimpico o la preparazione di una squadra di rugby su sedia a rotelle mi riempie di orgoglio e mi spinge a essere sempre più curioso. Quando non sono impegnato a scrivere o a seguire competizioni improbabili, mi piace partecipare personalmente ad alcuni di questi sport. E sì, ho collezionato più magliette da gara di corse con i sacchi e di tornei di palla tamburello di quante ne possa contare! Quindi, se mai sentite parlare di uno sport di cui nessuno sa nulla, c'è una buona possibilità che io sia lì a raccontarlo. Perché, in fondo, ogni disciplina ha una sua magia speciale, e io sono qui per condividere quella magia con voi. A presto,

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