A pochi centimetri dalla storia. Il palo colpito da Garbisi su calcio piazzato ha negato alla nazionale italiana di Rugby uno storico successo in terra francese. Curioso che i calci piazzati stiano condizionando uno dei migliori Six Nations mai giocati dall’Italrugby dopo il 27-30 maturato in casa contro l’Inghilterra, ma la sfida in casa dei transalpini lascia in eredità un traguardo inseguito da un decennio. L’Italia è di nuovo nella top ten del ranking mondiale.
Una attesa lunga, per la precisione, undici anni: era l’edizione del 2013 e in quella occasione la squadra affidata alle cure di Brunel si era distinta superando in casa l’Irlanda e la Francia spingendosi sino alla nona posizione. L’Italia di Gonzalo Quesada, dopo il pareggio che ha lasciato più rimpianti che soddisfazioni per come è maturato a Lille, si è comunque consolata con i decimali che le hanno permesso di superare in classifica le Isole Fiji e, soprattutto, di allargare la forbice fra Giappone, Georgia e Samoa.
Essere tornati nel top X non è esattamente una impresa memorabile per un movimento, come quello italiano, che comunque ha una discreta tradizione internazionale. Al netto dei confronti persi (male) contro le big nell’ultimo mondiale, la nazionale azzurra ha tutte le potenzialità per restare nel salotto buono della palla ovale internazionale. In questo senso, i risultati ottenuti nell’ultimo weekend aiutano a dipingere un futuro finalmente roseo. La nazionale Under 20, dopo aver sfiorato l’impresa in Irlanda, ha centrato una importantissima vittoria in Francia per 23-20 a Beziers. Il movimento, che ha sempre vissuto di exploit, sta camminando con il passo dell’alpino. Tanti piccoli e costanti miglioramenti, ma un consolidamento che sembra destinato a durare nel tempo.
Le prospettive sono chiare. Non è il momento né il caso di farsi troppe illusioni, ma l’anima “sudamericana” della squadra di CT Quesada e i risultati ottenuti dai giovani inducono a un certo ottimismo. La strada è stata tracciata da tempo ma va solcata con una continuità di rendimento che sinora non si è mai manifestata. Finalmente si vede la qualità, ma occorre anche avere la forza e la capacità di non disperderla come troppo spesso e colpevolmente è accaduto negli ultimi anni quando la voglia di scalare la vetta in fretta ha portato a picchi di rendimento ma anche a fragorose cadute. Riassumendo il concetto. L’Italia del rugby ha tutto per essere credibile, ma deve essere la prima a crederci.
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