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Il fisco sfida l’arbitro Lo Bello: tensione al Parlamento

Nel 5 febbraio 1967, a Ferrara, si gioca una partita che entrerà negli annali del calcio non tanto per il risultato, ma per le controversie che ne seguiranno. L’arbitro Concetto Lo Bello, di Siracusa, assegna ben tre calci di rigore al Napoli contro la squadra di casa, la Spal. I rigori, tutti trasformati da José Altafini, portano il Napoli a vincere con un convincente 4-1. L’episodio scatena una tempesta di polemiche, innescata dal presidente della Spal, Paolo Mazza, che accusa Lo Bello di un arbitraggio provocatorio e promette di sollevare un caso.

Le parole di Mazza, inizialmente viste come uno sfogo di frustrazione, assumono ben presto un significato più serio. Infatti, il caso dei tre rigori arriva addirittura in Parlamento. Solo due settimane dopo l’accaduto, il deputato democristiano Marcello Sgarlata presenta un’interrogazione parlamentare rivolta al Ministro delle Finanze, Luigi Preti. Curiosamente, Preti è originario di Ferrara, la città della Spal, il che getta un’ombra di sospetto sull’intera vicenda. Sgarlata parla di un “stato di disagio e perplessità negli ambienti sportivi” e solleva dubbi su presunti accertamenti fiscali che riguarderebbero le proprietà immobiliari di Lo Bello.

Un intreccio di sport e politica

Questo intreccio di sport e politica si complica ulteriormente per via del contesto personale e professionale di Lo Bello. Egli è un funzionario dei Vigili del Fuoco e, come molti arbitri dell’epoca, deve conciliare il suo lavoro con l’attività sportiva. Nonostante ciò, Lo Bello ha una reputazione di integrità e non esita a ricordare ai cronisti che in passato ha già denunciato tentativi di corruzione. In un episodio precedente, infatti, aveva rifiutato una tangente di 5 milioni di lire offerta da un dirigente del Palermo.

La situazione si complica politicamente anche per il fatto che Lo Bello è affiliato alla Democrazia Cristiana, lo stesso partito di Sgarlata. Tuttavia, i due appartengono a correnti diverse e sono rivali nella corsa alla carica di sindaco di Siracusa. Questo alimenta ulteriori sospetti sul fatto che l’interrogazione parlamentare sia stata un tentativo di ostacolare Lo Bello nella sua carriera politica.

Le accuse e la difesa

Il Ministro Preti, nel frattempo, nega fermamente di aver orchestrato accertamenti fiscali mirati contro Lo Bello. Quest’ultimo, alla fine, si ritrova nell’occhio del ciclone, ma la sua posizione fiscale risulta essere ineccepibile. La sua dichiarazione di reddito per il 1966 rivela un reddito lordo di 1.290.000 lire, senza altre fonti di reddito. Le sue proprietà, tra cui un appartamento, una casa di campagna intestata alla moglie e un modesto terreno, non destano alcuna preoccupazione.

La carriera dopo le polemiche

Nonostante le polemiche, Lo Bello continua a esercitare il suo ruolo di arbitro con la stessa fermezza e autorità di sempre. I cori ironici e le critiche non sembrano scalfirlo. La sua carriera, tuttavia, subisce un’evoluzione. Nel 1972, viene eletto deputato della Democrazia Cristiana, rimanendo in carica per quattro legislature. Anche la sua carriera politica locale raggiunge un apice quando diventa sindaco di Siracusa nel 1986, sebbene il suo mandato sia breve.

L’eredità di Lo Bello

Lo Bello, una figura iconica sia nel mondo del calcio che nella politica, lascia un’eredità complessa. La sua morte nel settembre del 1991 segna la fine di un’era per l’arbitraggio italiano, ma le storie e le polemiche legate al suo nome continuano a essere raccontate, simbolo di un periodo in cui sport e politica si intrecciavano in modi inaspettati e, talvolta, esplosivi.

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