E se il VAR fosse arrivato prima? E se si introducesse il tempo effettivo? E se l’espulsione fosse a tempo? Ecco tutti gli “e se” più incredibili della storia del calcio
Il calcio è uno sport che in più di 100 anni è riuscito a farsi amare e seguire da miliardi di persone in tutto il mondo. Per i tifosi e tutti gli appassionati, però, i cambiamenti da fare o che sono stati fatti, secondo molti, in ritardo, sono tantissimi. Tra l’introduzione del VAR (che ancora oggi non ha eliminato le polemiche), che se fosse arrivato prima avrebbe cambiato sostanzialmente la storia di molte partite, il tempo effettivo (voluto a gran voce da molti addetti ai lavori) e le espulsioni a tempo, ecco tutti gli “e se…” più incredibile del calcio.
L’introduzione del VAR ha rivoluzionato il calcio, trasformando il ruolo dell’arbitro da una valutazione basata solo sulla vista a un supporto fondamentale per risolvere situazioni controverse. Senza il sostegno delle nuove tecnologie, abbiamo assistito a errori grossolani che hanno avuto un impatto significativo sulla storia del calcio. Esploriamo gli eventi che, con il VAR, avrebbero avuto esiti diversi, potenzialmente cambiando i risultati che conosciamo oggi, ma anche in che modo l’introduzione del tempo effettivo di gioco e le espulsioni a tempo potrebbero modificare questo sport.
Ecco due esempi di partite che avrebbero avuto un risultato diverso se ci fosse stato il VAR.
Finale Mondiale 1966 tra Germania e Inghilterra. La prima situazione controversa risale ai mondiali del 1966, quando in finale i padroni di casa dell’Inghilterra, alla ricerca del primo titolo della loro storia, affrontano la favorita Germania Ovest, il cui blasone è più elevato. A Wembley, in uno scenario affollato, le due squadre danno vita a una contesa spettacolare: i tempi regolamentari si concludono sul 2-2, tra numerose occasioni e un calcio di altissimo livello. A dominare spesso è l’equilibrio, fino a quando, a 11 minuti dalla fine, si sviluppa l’evento incriminato: Hurst, attaccante degli Three Lions, trovato all’interno dell’area di rigore, riesce a liberarsi dalla marcatura tedesca prima di concludere in porta. La palla colpisce la traversa, prima di tornare tra le braccia del portiere tedesco. Il direttore di gara, su consulto del guardalinee, convalida il gol, poiché dopo il rimbalzo, la palla sembra aver superato la linea di porta. Il match termina 4-2, consegnando la prima e unica Coppa del Mondo nella storia agli Three Lions. Tuttavia, recenti studi dell’Università di Oxford relativi all’episodio suggeriscono chiaramente che il gol avrebbe dovuto essere annullato.
Inghilterra-Argentina, 1986. A vent’anni dall’evento precedente, un’altra partita entra nella leggenda: Messico 1986, quarti di finale tra Inghilterra ed Argentina. I sudamericani, teoricamente avvantaggiati dal clima arido, non riescono a sfondare nel primo tempo. Nella ripresa avviene l’episodio tanto discusso: Maradona parte da centrocampo, e con uno slalom felino si porta al limite dell’area avversaria, dove sbaglia l’appoggio a un compagno di squadra. Nel tentativo di allontanare la palla, un difensore inglese alza la parabola in modo goffo, trasformandola improvvisamente in una traiettoria difficile da leggere per Shilton. Maradona si avventa su di essa, e nel tentativo di anticipare il portiere avversario, allunga la mano, facendo carambolare la sfera in rete. A prima vista, sembra che l’ausilio della testa sia stato l’unico mezzo per battere Shilton: l’arbitro, senza esitare, convalida il gol, facendo infuriare la squadra inglese, che protesta a lungo invano. Il fuoriclasse argentino, nel post-partita, ammetterà di aver usufruito della mano. Ad oggi, quella rete viene ricordata come la Mano de Dios. La stessa sfida, però, è il risultato di un altro goal maestoso nella sua onnipotenza, con protagonista sempre Diego. Dopo il pareggio di Lineker, il giocatore albiceleste prende palla in mezzo al campo e grazie a una cavalcata trionfale, supera in dribbling quattro avversari, prima di presentarsi a tu per tu con l’estremo difensore rivale, saltarlo anch’egli e trovare il goal del definitivo 2-1, che consente alla propria compagine di accedere in semifinale.
Per quanto riguarda il tempo effettivo, invece, come cambierebbe il calcio con la sua introduzione?
È possibile conciliare un impiego parziale del tempo effettivo e il calcio? Questa tematica torna periodicamente d’attualità, soprattutto dopo l’adozione di tempi di recupero più estesi, una scelta degli arbitri che risale agli ultimi mondiali. Tra i potenziali cambiamenti normativi, uno dei più discussi riguarda proprio il tempo effettivo. Le statistiche indicano che, su novanta minuti, circa il sessanta per cento è effettivamente dedicato al gioco. Rimesse laterali, falli, infortuni, esultanze e l’utilizzo del Var contribuiscono a notevoli perdite di tempo, riducendo la durata effettiva del match. A complicare ulteriormente la situazione non sono solo le tattiche di diverse squadre, che enfatizzano la rottura del ritmo, ma anche l’aumento di strumenti come il Var in campo. Con i mondiali in Qatar, si è assistito all’introduzione di prolungamenti significativi. Sorge la domanda se tutto ciò sia sufficiente, almeno in parte, per risolvere il problema. Interessanti spunti arrivano dal mondo del rugby, che da sempre gode di regolamentazioni ammirate anche dai tifosi di calcio. Partite di ottanta minuti con un tempo effettivo parziale, il gioco che continua anche con la presenza dello staff medico in campo (a meno di gravi infortuni), il Var presente fin dai tempi iniziali e dialoghi arbitrali in diretta. In caso di intervento del Var o di gravi infortuni, il tempo viene fermato. Il desiderio di ogni appassionato di calcio è vedere applicati gli stessi criteri nel rettangolo di gioco della propria squadra. Ma sarebbe realizzabile tutto ciò in questa realtà?
Secondo alcuni, introdurre un tempo effettivo totale, simile a quanto fatto nel basket, danneggerebbe l’essenza tattica di questo sport, che ha sempre tratto vantaggio dall’astuzia e dalle varie interpretazioni del gioco. Nei campi di provincia, insegnano a sistemarsi lentamente il calzettone in caso di fallo subito quando la squadra è in vantaggio. Il portiere comprende che la possibilità di ricevere un cartellino giallo per perdita di tempo, se fatto nel momento opportuno, rappresenta un’opzione tecnico-tattica da considerare. I raccattapalle che ritardano la consegna del pallone alla squadra ospite fanno parte dell’ostile sportività che le squadre affrontano durante una trasferta, da sessant’anni a questa parte. Nonostante ciò, la verità sta nel mezzo, nella via dell’innovazione che va accolta e supportata con gli strumenti appropriati. Il Var, quando richiede la “On Field Review”, dovrebbe rappresentare una pausa in un gioco che si interrompe, e così il tempo dovrebbe fermarsi durante queste prolungate revisioni, proprio come avviene nel mondo della palla ovale. Il calcio non potrà mai adottare l’etica del rugby (nel rugby, i giocatori non perdono mai tempo, è una questione di cultura di gioco), ma potrebbe sicuramente trarne ispirazione a livello regolamentare, ad esempio con l’introduzione del tempo effettivo parziale, per accompagnare l’innovazione con una transizione graduale.
E le espulsioni a tempo, invece, servirebbero davvero a qualcosa?
Le porte a questa significativa innovazione in uno sport come il calcio, notoriamente restio ai cambiamenti, sono state aperte dall’International Football Association Board, l’organismo responsabile della valutazione di tutte le innovazioni relative alle regole del calcio. Recentemente, l’Ifab ha approvato l’espulsione temporanea, da applicare in situazioni non gravi. Inoltre, è stata avanzata la proposta di limitare al solo capitano di una squadra la facoltà di rivolgersi all’arbitro per contestare le decisioni prese. Questo avvicinerebbe il calcio al rugby, dove i cartellini rossi temporanei sono già in vigore e solo il capitano può discutere con l’arbitro. Tuttavia, sorge la domanda su come il mondo del calcio accoglierà tali nuovi provvedimenti, se verranno effettivamente implementati, e se saranno efficaci nel limitare le proteste e le lamentele eccessive da parte dei giocatori e degli allenatori.
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