Le parole di Jannik Sinner dopo la vittoria agli Austalian Open hanno lasciato il solco nell’opinione pubblica. Il tennista altoatesino ha ringraziato i suoi genitori che lo hanno lasciato libero di scegliere. Non sempre è così e anzi, tra gli sportivi molti rapporti padri – figli sono abbastanza complicati.
Sinner, per certi versi, è stato fortunato. Molti tennisti hanno avuto dei rapporti con i genitori a dir poco burrascosi. In primis Agassi, numero uno del mondo per diversi anni ma ad altissimo prezzo. Nel suo libro open ha spesso parlato di suo padre come il classico “padrone”, spesso definito anche “orco”. Anche Peter Graf, padre si Steffi, ha inculcato il tennis in modo fideistico alla figlia, esattamente come il padre di Gabriela Sabatini (che ha avuto problemi di droga) e delle sorelle Williams, Richard, personaggio assai discusso: nel circus si vociferava anche di vittorie scelte “a priori” per Venus o Serena a seconda delle necessità.
La famiglia Sinner non è comunque l’unica ad avere un rapporto sano con il figlio. Vi sono anche i casi dei rapporti simbiotici e costruttivi. È il caso di Marc Girardelli, uno dei più grandi sciatori della storia, seguito da Helmut che, in rotta con la federazione austriaca, arrivò a farlo gareggiare e vincere con la bandiera del Lussemburgo. Rapporto simile fra gli Hamilton. Anthony crede ciecamente nelle capacità del giovane Lewis e vivono ai limiti della soglia della povertà (a volte anche oltrepassandola) pur di assecondarlo. E ha avuto decisamente ragione. Un po’ più ruspante il padre di Max Verstappen, Jos: il tre volte Campione del Mondo, nelle rare volte in cui arrivava secondo, non osava togliersi il casco per timore dell’ira funesta. Uno sprone che comunque ha funzionato. Uniti anche Tania e Giorgio Cagnotto, il padre ed ex campione dell’identica disciplina della figlia che l’ha portata a grandissimi successi. Graziano Rossi, pilota non eccezionale, ma che ha preparato il terreno per il figlio Valentino: i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
E poi c’è la questione genetica. I casi sono diversi e in tantissimi sport. Diversi campioni si sono “emancipati” e liberati della scomoda etichetta di “figli di papà” arrivando persino a capovolgere i ruoli. Basti pensare alla dinastia dei Maldini, Cesare e Paolo campioni di tutto con il Milan. O quella dei Meneghin nel basket. E in tempi ancora più recenti, di Chiesa e Thuram. Impossibile non citare Aldo Montano, padre e nonno schermidore e olimpionico. E poi c’è una sorta di riconoscenza e rivalsa nei confronti del destino. Basti pensare a Damon Hill e Gilles Villeneuve, al volante con il talento e una sorta di obbligo morale nel completare o arrivare dove non è riuscito il padre.
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