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I figli dei migranti devono dimostrare forza per diventare italiani

Julio Velasco, noto commissario tecnico della nazionale femminile di pallavolo, ha recentemente espresso un’opinione forte e chiara su una questione sociale ed etica che va ben oltre il mondo dello sport. Durante la sua partecipazione al Premio Mecenate dello Sport – Varaldo di Pietro, Velasco ha affrontato il tema dell’integrazione dei figli dei migranti in Italia, sottolineando come spesso venga applicata una sorta di giustizia selettiva quando si tratta di riconoscere la loro italianità. “Lo sport secondo me riflette un’ingiustizia,” ha affermato, evidenziando come i figli dei migranti diventino italiani solo quando vi è un tornaconto, ad esempio se si rivelano eccellenti sportivi.

La questione della cittadinanza per i giovani migranti

Questa affermazione di Velasco apre una discussione più ampia sulla questione della cittadinanza e dei diritti dei giovani nati o cresciuti in Italia da genitori stranieri. Attualmente, il dibattito politico in Italia su temi come lo ius soli, lo ius scholae e altre forme di acquisizione della cittadinanza è acceso e spesso divisivo. Velasco suggerisce che dovrebbe esistere uno “Ius tutto,” un approccio che riconosca automaticamente come italiani quei giovani che nascono, studiano e lavorano nel Paese, indipendentemente dalle loro origini familiari.

Un sistema giuridico da adattare

La sua proposta trova eco in una società in cui le dinamiche migratorie sono sempre più complesse e interconnesse. In un mondo globalizzato, le identità nazionali si intrecciano e si evolvono, e il sistema giuridico deve adattarsi a queste nuove realtà. Velasco, con la sua esperienza internazionale, ha osservato come altri Paesi gestiscano queste situazioni, spesso con maggiore apertura rispetto all’Italia.

Due pesi e due misure nel riconoscimento della cittadinanza

La questione sollevata da Velasco non è solo una riflessione sullo sport, ma una critica a un sistema che spesso adotta due pesi e due misure. Se un giovane è un talento sportivo, la sua integrazione e il suo riconoscimento come italiano sembra avvenire senza ostacoli. Tuttavia, per molti altri ragazzi, l’accesso alla cittadinanza è un percorso complicato e pieno di ostacoli burocratici. Questo porta a una disuguaglianza di base che ha ripercussioni su tutta la società, non solo sullo sport.

Lo sport come strumento di integrazione

L’integrazione dei giovani migranti attraverso lo sport è un tema che ha visto numerosi dibattiti e iniziative. Lo sport ha il potere di unire le persone, superare le barriere culturali e creare un senso di appartenenza. Tuttavia, Velasco ci ricorda che non possiamo affidarci solo allo sport per risolvere problemi più profondi legati all’inclusione sociale e ai diritti civili. È necessario un cambiamento strutturale che parta dalla politica.

Un invito a riflettere e agire

Le parole di Velasco spingono a riflettere su come lo sport possa diventare un veicolo per promuovere una maggiore giustizia sociale e come le istituzioni possano lavorare insieme per garantire pari diritti a tutti i giovani. Questo richiede un dialogo aperto tra governi, società civile e settori come quello sportivo, per costruire una società più equa e inclusiva.

Un appello alla dignità e ai diritti

Il messaggio lanciato da Velasco è chiaro: non possiamo continuare a sfruttare il talento dei giovani migranti senza dare loro i diritti che meritano. Il talento non dovrebbe essere l’unico criterio per diventare cittadini; è fondamentale riconoscere e rispettare la dignità e i diritti di ogni individuo, indipendentemente dalla loro abilità o dall’utilità che possono avere per il Paese. Le sue parole rappresentano un invito a una riflessione collettiva e a un’azione concreta per cambiare il sistema attuale.

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