Gigi Riva ha lasciato questo mondo. “Rombo di tuono”, soprannome che gli era stato affibbiato da Gianni Brera, ha scritto la storia del calcio italiano. Campione d’Europa e vice campione con la Nazionale da giocatore, campione del mondo da dirigente nel 2006, ancora oggi capocannoniere all time, ma soprattutto un legame unico, indissolubile con la “sua” Sardegna. Un amore così forte da spingerlo a dire di “no” anche alla Juventus.
Girrirriva, rigorosamente tutto attaccato, perché con il Cagliari e la Sardegna era un tutt’uno. Un amore scoccato a prima vista. Si è innamorato dell’isola, arrivando dal Continente, da Legnano, a soli 19 anni. Un ragazzino taciturno, ma capace di trasformarsi in uno straordinario trascinatore in campo. Con la maglia rossoblu, 315 presenze, 164 gol e soprattutto uno scudetto. Una storia straordinaria, forse irripetibile. Fatta di valori. Un legame che durerà per sempre. Per sua stessa ammissione, Gigi Riva “è” la Sardegna, sono una cosa sola, anche perché l’isola si identifica in lui. Il Cagliari è la nazionale locale e Riva è il leader: “La Sardegna mi aveva fatto uomo. All’epoca ci mandavano i militari puniti. Oggi fanno a gara per farsi le vacanze. Io volevo lo scudetto per la “mia” terra: ce l’abbiamo fatta”. Una storia di sport, ma anche di riscatto sociale.
Clamoroso, il “no” alla Juventus. A metà degli anni ’70 chi rifiutava la maglia bianconera era considerato quasi un pazzo. Senza il “quasi”, Riva lo era per la sua terra adottiva. Non poteva tradire l’amore della sua gente: “Ho visto persone che partivano alle 8 del mattino da Sassari per raggiungere lo stadio in tempo per la partita. Il Cagliari era una gioia. E io non potevo né volevo privare i pastori di quella gioia. Lasciarli sarebbe stato da vigliacchi. Ecco perché non ho mai avuto neanche il minimo dubbio. E non mi sono mai pentito della scelta”.
Gigi Riva si lega anche indissolubilmente, trasversalmente ai colori azzurri: 35 reti in 42 presenze e una gamba immolata alla causa. Il primo grave infortunio risale al 1967, quando si frattura il perone della gamba sinistra nella sfida contro il Portogallo. Riesce a riprendersi per trascinare l’Italia alla conquista dell’Europeo, con un contributo del gol che apre le marcature nella finale con la Jugoslavia. Ancora oggi è il capocannoniere all time davanti a Meazza e Piola. Ha solo sfiorato il titolo di Campione del Mondo, perso contro un Brasile che sarebbe arrivato secondo schierando le riserve della seleçao campione del 1970, ma resta un mito assoluto.
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