La Formula Junior, istituita nel 1958 dalla Commissione sportiva internazionale (CSI) della FIA su iniziativa di Giovanni Lurani, è stata una categoria rivoluzionaria nel mondo del motorsport. Il suo obiettivo principale era quello di rendere l’automobilismo sportivo più accessibile e “democratico”, permettendo a chiunque avesse la passione e la voglia di costruire la propria monoposto da corsa. Questa categoria ha unito due mondi che di solito rimangono distanti: quello europeo e quello americano. Negli anni in cui la Formula Junior era attiva a livello internazionale, dal 1959 al 1963, sono state disputate oltre 1300 corse su cinque continenti, dimostrando la sua popolarità e la sua capacità di attrarre appassionati di tutte le età e provenienze.
Il fascino della Formula Junior risiede anche nella sua formula semplice e conveniente, che ha permesso a oltre 400 costruttori di cimentarsi nella creazione di monoposto da corsa. Tra di essi, oltre 60 marchi erano italiani, inclusi nomi noti del motorsport e appassionati che hanno dato vita a progetti unici. Un esempio di questa passione è rappresentato dalla storia della monoposto Apache II, che ha recentemente fatto il suo debutto sulla storica pista di Imola.
La storia di Apache inizia con Milt Brown, un giornalista americano che nel 1957 viene inviato in Inghilterra per un servizio sulla patria del motorsport. Affascinato dal fervore di piccoli costruttori e artigiani che realizzavano auto da corsa in piccole serie, Brown decide di progettare la propria monoposto. L’idea si concretizza ulteriormente durante un viaggio a Roma, dove scopre le monoposto Stanguellini e approfondisce il regolamento tecnico della Formula Junior. Questo regolamento permetteva l’uso di motori di derivazione di serie e imponeva requisiti di peso minimi, rendendo la costruzione di una monoposto accessibile anche a chi non disponeva di enormi budget.
Tornato negli Stati Uniti, Brown si dedica alla realizzazione della sua prima monoposto, la Apache MK I, che debutta nel 1959. La vettura, motorizzata Simca, ottiene piazzamenti soddisfacenti, attirando l’attenzione di appassionati e collezionisti. Tuttavia, i regolamenti americani che favorivano motori di cilindrata maggiore pongono fine alla carriera delle piccole monoposto da corsa, portando Brown a vendere i suoi progetti come kit car.
Dopo anni di oblio, la Apache MK I riemerge in Italia, dove Franco Beolchi, un appassionato di automobilismo, decide di restaurarla. La sua “sala giochi”, un ambiente che ricorda i garage americani degli anni Sessanta, diventa il luogo dove la monoposto trova nuova vita. Beolchi non solo documenta la storia della Apache, ma riesce anche a contattare Brown, che rimane entusiasta di vedere la sua creazione restaurata in Italia. La collaborazione tra i due porta alla partecipazione della monoposto a diverse gare, tra cui il prestigioso Monaco Historic Grand Prix.
Il legame tra Beolchi e Brown si intensifica quando emerge la necessità di restaurare la Apache MK II, una nuova versione della monoposto che, purtroppo, era danneggiata. Sotto la supervisione di Brown, Beolchi inizia un lavoro di ricostruzione, dando vita a un nuovo telaio e a una carrozzeria in alluminio. Dopo anni di lavoro, la Apache MK II torna a calcare le piste, partecipando a eventi storici e competizioni automobilistiche.
Recentemente, durante l’Historic Minardi Day a Imola, la Apache MK II ha attirato l’attenzione di molti appassionati, grazie alla sua livrea in stile stelle e strisce e al suo fascino vintage. La pista di Imola, conosciuta come “il piccolo Nürburgring”, offre un contesto unico per testare una monoposto così particolare. La prima esperienza di guida con una vettura a motore anteriore e posto di guida disassato è stata un’emozione unica. Inizialmente, la sensazione di trovarsi disassati rispetto alle ruote posteriori può risultare strana, ma una volta in movimento, il tutto diventa più naturale.
La visibilità offerta dalla posizione di guida bassa permette di avere un ottimo riferimento sulle ruote anteriori, facilitando le traiettorie. Tuttavia, la posizione del volante risulta un po’ innaturale e la pedaliera è sacrificata, ma con un po’ di pratica, anche le manovre come il punta-tacco diventano agevoli. Il motore BMC da 1.071 cc, sebbene non esplosivo, dimostra una buona reattività e brillantezza, affrontando senza problemi le salite del circuito.
L’assetto della monoposto richiede un po’ di interpretazione, con il posteriore che tende a sovrasterzare in accelerazione. Tuttavia, i freni a tamburo si sono rivelati all’altezza della situazione, permettendo frenate precise e sicure. Guidare la Apache MK II su una pista storica come quella di Imola non è solo una questione di velocità, ma è soprattutto un’esperienza che celebra la passione per l’automobilismo, la storia e l’arte della costruzione di monoposto. Questa fusione di storia e innovazione continua a ispirare generazioni di appassionati e costruttori, mantenendo viva la tradizione della Formula Junior e delle sue straordinarie monoposto.
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