La Red Bull conosce benissimo cosa significhi “bocciare” una giovane promessa che non mantiene le aspettative. Da quando è nato il team, nemmeno la metà dei candidati è riuscita ad affermarsi in modo permanente. Tuttavia, chi è arrivato in Formula 1, si è disimpegnato piuttosto bene, considerando Sebastian Vettel e Max Verstappen, ma anche Albon e Gasly, fra alti e bassi, hanno trovato la loro collocazione in una classe regina sempre più… ristretta.
Non c’è spazio né denaro per coltivare talenti
I numeri parlano chiaro: in Formula 1 non c’è tempo né spazio per coltivare giovani talenti. In genere, l’apprendistato varia dai 18 ai 24 mesi. Scelta obbligata dai limiti di budget: la maggior parte dei team non ha né i soldi né la pazienza per dedicare così tanto impegno a un pilota giovane e incline agli errori. Nel 2022, in Haas, Mick Schumacher ha dovuto fare spazio al suo connazionale Nico Hülkenberg, che aveva dodici anni in più. In generale, il campo è relativamente ristretto e i posti che contano, già occupati. Chi doveva emergere dalle serie minori ci è già riuscito. È il caso di Oscar Piastri è il più giovani e degli altri potenziali campioni del mondo, Lando Norris e George Russel. Leclerc, al netto del nickname “predestinato”, ha la stessa età di Verstappen.
Formula 1, una piramide strozzata dai costi
La piramide è strozzata in basso dai costi. È tutta una questione di risorse finanziarie. Toto Wolff, che funge anche da manager dei piloti, ha riassunto tutto in modo molto chiaro: “La Formula 1 è diventata un club per figli di miliardari”. Storie di vita come quella della sua star Lewis Hamilton, il cui padre a malapena manteneva vivo il suo sogno con diversi lavori e carte di credito scoperte, sono ormai quasi impossibili. Molti piloti potenzialmente talentuosi non sono riusciti ad emergere anche a causa dei costi. Non è facile entrare nelle future accademie piloti perché a livello economico chiedono qualcosa che abbia senso per entrambe le parti. Basti pensare che il campione F3 Gabriel Bortoleto è un protetto di Fernando Alonso. E i primi otto piloti della Formula 2 sono tutti in qualche modo legati ai team di F1. Ecco perché anche nel 2025 sarà difficile assistere ad un ricambio generazionale in pista. Molto più realistico che i “diplomati” delle “academy” trovino posto in Formula E o in IndyCar. Non sarà la F1 ma è pur sempre meglio essere dentro un abitacolo che sul divano di casa.