Marino Magrin è un ex calciatore che ha lasciato un segno indelebile nel cuore dei tifosi dell’Atalanta e del calcio italiano. Oggi 65enne, la sua carriera si è svolta tra club storici come l’Atalanta, la Juventus e il Verona, e rappresenta un periodo d’oro per il calcio degli anni Ottanta. La sua storia è una testimonianza di passione e determinazione, iniziata quando, dopo la terza media, lavorava come falegname, ma non ha mai smesso di sognare di diventare un calciatore.
Il debutto di Magrin in Serie A è avvenuto il 4 dicembre 1983, a soli tre giorni dal suo venticinquesimo compleanno, in una partita contro l’Inter. “Un’emozione unica”, ricorda Magrin, sottolineando l’atmosfera vibrante dello stadio. In sei anni con l’Atalanta, ha segnato circa quaranta gol e ha vissuto momenti indimenticabili. Bergamo è diventata la sua seconda casa, tanto che ha scelto di stabilirsi a Torre Boldone, a pochi chilometri dallo stadio. Oggi, continua a nutrire la sua passione per il calcio come osservatore per il settore giovanile dell’Atalanta, seguendo con entusiasmo i talenti emergenti.
Un aspetto particolare della sua carriera è il legame con l’inno dell’Atalanta, che ha scritto nel 1984. “Ho composto qualche strofa con l’aiuto di mia moglie e il resto è storia”, ricorda. L’inno è stato suonato per 25 anni e ha debuttato in una partita contro il Como, in cui Magrin segnò un gol su punizione. “Chi mi riconosce oggi mi chiede il numero per farmi ascoltare la suoneria del mio inno”, racconta con un sorriso.
Parlando della Juventus, Magrin rivela che l’aspettativa di diventare l’erede di Platini pesava su di lui. “Boniperti mi diede la numero 8 per tutelarmi, ma gli infortuni sono stati un ostacolo”, spiega. Dopo soli due anni ai bianconeri, ha dovuto affrontare una serie di infortuni che hanno condizionato la sua carriera. “La squadra era già satura e il Milan di Sacchi era incontenibile”, riflette Magrin, evidenziando un periodo che avrebbe potuto portarlo a traguardi più alti.
Le punizioni di Magrin sono state il suo marchio di fabbrica. “Tanti gol su punizione, ma non ricordo il numero esatto. Oggi si segna di meno da calcio piazzato, ma io passavo pomeriggi ad allenarmi”, racconta. La sua dedizione al calcio è iniziata nelle stradine di Borso del Grappa e si è concretizzata fino alla Serie A. Ogni volta che calciava, sentiva l’entusiasmo del pubblico che lo incitava a “tira la bomba”.
Il suo rapporto con i compagni è un altro aspetto che lo emoziona. “In De Roon mi rivedo, ormai è un bergamasco”, afferma. Parlando di Gasperini, lo paragona a Nedo Sonetti, il sergente dal pugno di ferro. Non è mai stato intimidito dalla pressione, affrontando le sfide a testa alta. “La mia maglia numero 8 era un sogno realizzato”, ricorda con nostalgia.
Magrin ha avuto proposte da altri club, ma il suo destino è rimasto legato all’Atalanta e alla Juventus. “Il vero incrocio lo ebbi con Sacchi, che mi disse che l’anno successivo sarebbe andato in una grande squadra e gli sarebbe piaciuto portarmi con lui”, racconta.
Nonostante le difficoltà e gli infortuni, Marino Magrin si considera soddisfatto della sua carriera. “Non mi sento sottovalutato, sono felice di ciò che ho fatto”, conclude. “Il mio unico rimpianto sono gli infortuni avuti alla Juve, chissà come sarebbe andata se fossi rimasto in forma”. E se potesse incontrare Platini oggi? “Gli direi che mi sarebbe piaciuto giocare insieme a lui, ma magari le punizioni le avrei calciate io”.
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