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Dalla strada al rigore: la magia dei tre corner nel calcio di una volta - ©ANSA Photo
C’era una volta il calcio di strada, un’epoca in cui il gioco rappresentava una pura espressione di libertà e creatività, lontana dai riflettori e dalle pressioni del professionismo. Mauro De Cesare, noto giornalista del Corriere dello Sport, ha catturato l’essenza di quegli anni in un libro che celebra non solo il calcio di strada degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, ma anche una miriade di altri giochi che costellavano l’infanzia di molti. In un contesto privo di tecnologia avanzata, i bambini trascorrevano il loro tempo all’aria aperta, inventando storie e costruendo legami indissolubili attraverso il gioco.
Il libro di De Cesare evoca una nostalgia che colpisce al cuore: i campetti polverosi, le partite improvvisate tra amici, il pallone come protagonista indiscusso. Non c’erano schermi a distrarci, solo il profumo dell’erba e il suono delle risate. L’autore ricorda momenti di spensieratezza, quando il pallone rappresentava una vera e propria “cotta” per i maschietti, mentre le ragazze si dedicavano ad altre attività, come il gioco della campana o il nascondino. “Anni Sessanta, come è stato per me e la ‘banda’”, scrive De Cesare, evocando un’atmosfera che molti di noi ricordano con un sorriso.
Il richiamo dell’amicizia
Le descrizioni della “banda” di amici che si riuniva sotto le finestre di casa per richiamare all’azione sono un vero e proprio tuffo nel passato. I nomi che affiorano nella memoria, da Walter a Marco, da Gianfranco a Nello, ci riportano a un’epoca in cui l’amicizia e la spensieratezza erano al centro della vita quotidiana. Non c’erano videocitofoni, e nemmeno citofoni; il richiamo era un semplice “Maurooo, scendi?” che risuonava nel quartiere, segnando l’inizio di un pomeriggio di giochi.
Il rituale del calcio di strada
Siamo alla fine degli anni Sessanta, un periodo in cui il calcio di strada era un rito collettivo, un momento di aggregazione che univa i ragazzi del quartiere. Le partite si svolgevano in spazi ridotti, spesso in mezzo alla strada o nei prati, e il pallone, talvolta consumato e rattoppato, diventava il simbolo di un’infanzia spensierata. La passione per il calcio non era solo una questione di abilità, ma si basava su un amore genuino per il gioco, un amore che andava al di là dei risultati.
- Il richiamo vocale di un amico segnava l’inizio delle sfide.
- Le partite si svolgevano con regole improvvisate, dove tre corner valevano un rigore.
- Le giocate spettacolari venivano celebrate con entusiasmo.
Non c’erano arbitri né regolamenti ferrei; l’importante era divertirsi e condividere momenti indimenticabili con gli amici. La competizione era sana, e ogni vittoria era una piccola celebrazione che veniva raccontata e ripetuta nei giorni successivi.
I sogni di diventare calciatori
Il sogno di diventare calciatori come Totti, Nesta, Baggio o Del Piero era ciò che spingeva i ragazzi a scendere in campo ogni pomeriggio. L’immaginazione non conosceva confini, e i campetti polverosi si trasformavano in stadi, con i bambini che si esibivano in giocate da campioni e che si sfidavano con la determinazione di veri atleti. Ogni dribbling, ogni tiro in porta, ogni gol segnato era un momento di gloria, un ricordo che sarebbe rimasto impresso nella memoria per sempre.
La vita di strada, con i suoi giochi e le sue avventure, è stata fondamentale per la crescita di tante generazioni. I bambini imparavano non solo a giocare, ma anche a socializzare, a risolvere conflitti e a collaborare. In un mondo sempre più digitalizzato, il ritorno al calcio di strada rappresenta una riscoperta di valori fondamentali come l’amicizia, la lealtà e il rispetto per gli altri.
Mentre sfogliamo le pagine del libro di De Cesare, ci rendiamo conto che il calcio di strada è più di un semplice passatempo: è una parte integrante della nostra identità culturale. La nostalgia per quegli anni ci spinge a riflettere su come il gioco possa ancora oggi svolgere un ruolo importante nella vita dei bambini. Riscoprire il calcio di strada significa riscoprire il valore delle relazioni umane, del gioco e della libertà, elementi che, sebbene possano sembrare scomparsi, possono essere riacquistati attraverso la volontà di tornare a giocare all’aperto.
Le storie raccontate in “Tre corner, rigore” ci invitano a riconsiderare l’importanza del gioco libero, senza regole rigide e senza pressioni, un’esperienza che, in un certo senso, è la vera essenza dello sport. La bellezza del calcio di strada risiede nella sua semplicità, nella sua capacità di unire le persone e di creare ricordi indimenticabili, e questo è un messaggio che vale la pena tramandare alle nuove generazioni.