Negli ultimi giorni, Gastón Brugman ha catturato l’attenzione di molti a Los Angeles, dove ha celebrato il suo primo trofeo nella carriera calcistica: il campionato MLS con i LA Galaxy. Inoltre, ha ricevuto il titolo di MVP della finale contro i New York Red Bulls. La sua storia è quella di un calciatore che ha attraversato l’Atlantico, lasciando un segno indelebile in Europa prima di approdare negli Stati Uniti. “Qui gli attori passeggiano indisturbati, a me hanno chiesto un selfie al supermercato”, racconta Brugman con un sorriso, mentre ripensa ai suoi giorni da star in una città così iconica.
La carriera di Brugman in Europa
Brugman, un centrocampista di qualità, è sbarcato negli Stati Uniti nel 2022 dopo una lunga carriera in Europa, dove ha indossato le maglie di squadre come Empoli, Pescara, Parma, Palermo, Grosseto e Oviedo. La sua avventura americana ha avuto un inizio difficile, ma la conquista del trofeo rappresenta una rivincita personale. “A 32 anni era il momento giusto per questa nuova avventura. La scorsa stagione ho vissuto sette mesi di infortunio, quindi vincere qui è davvero una soddisfazione”, confida.
La vita a Los Angeles
Il suo trionfo a Los Angeles non è solo un risultato calcistico, ma un sogno che si avvera. Brugman racconta: “Abbiamo affittato un teatro per tutta la notte per festeggiare. I Galaxy non vincevano il campionato da dieci anni, e l’ultima volta che ci sono riusciti c’erano Robbie Keane e Donovan. È stata una giornata che sognavo da tempo”.
La vita a Los Angeles è certamente diversa da quella che Brugman ha conosciuto in Italia. “Per 24 ore sei stato più famoso di DiCaprio”, gli viene fatto notare. “Forse, dai. Qui gli attori vanno a fare la spesa senza che nessuno li disturbi. A Pescara o a Parma ero cercato di più. Negli Stati Uniti, invece, tutto è diverso”. È chiaro che Brugman si sta adattando rapidamente alla cultura californiana, ma il suo cuore rimane legato all’Italia.
Nostalgia per l’Italia
Tuttavia, la nostalgia per l’Italia è sempre presente. “Ci penso tutti i giorni. Mia sorella fa l’architetto e si divide tra Milano e Villafranca. Mi mancano il cibo, il mare, la tranquillità di alcune piazze. Empoli, per esempio, è un posto che porto nel cuore. Arrivai lì a 14 anni con la mia famiglia dopo che mio padre decise di lasciare il nostro albergo a Rosario per seguirmi nella mia avventura calcistica”. Questo legame con l’Italia è evidente anche nel suo desiderio di rappresentare il paese che lo ha accolto: “L’Italia è la mia seconda casa. Mi cercò anche l’Under 21, ma non riuscì a ottenere l’ok a causa di problemi burocratici”.
Brugman non può fare a meno di ricordare i suoi allenatori, in particolare Zdeněk Zeman, con cui ha condiviso momenti indimenticabili. “L’ho avuto due volte, in Serie A e in B. Gli allenamenti erano estremi, finivamo le sedute con i conati di vomito. La preparazione estiva era una cosa mai vista. Zeman ha un approccio rigoroso, e chiunque passasse per il suo studio sapeva di dover fare i conti con la bilancia”, ricorda divertito.
Incontri significativi e prospettive future
Un altro personaggio significativo nella sua carriera è stato Maurizio Zamparini, ex presidente del Palermo. “Quando arrivai a Palermo, Zamparini mi disse che mi avrebbe trattato come un figlio. Ricordo un lungo abbraccio al centro sportivo. Quell’anno fu disastroso, cambiando ben sei allenatori. Ci salvammo all’ultima giornata, grazie al gruppo”, racconta Brugman.
Il suo percorso lo ha portato anche a incrociarsi con talenti straordinari come Marco Verratti, Gervinho e Kulusevski. “Kulusevski aveva una mentalità incredibile. A 19 anni segnò dieci gol, e si presentò in ritiro con una maglia due volte più larga. Era timido, ma in campo era un fenomeno”, afferma.
Oggi, a Los Angeles, Brugman guarda al futuro con ottimismo. “Sì e no. Sto bene fisicamente e posso ancora dare molto. Se l’Italia mi chiamasse, risponderei presente”, conclude, con la passione che lo ha sempre contraddistinto. La sua avventura continua, e Los Angeles è solo l’inizio di un nuovo capitolo nella sua carriera.