Il periodo 1984-86 rappresenta un capitolo intriso di una strana felicità per Liam Brady, l’elegante irlandese che ha trascorso gran parte della sua vita nel rosso degli Arsenal Gunners. Un decennio a centrocampo, tra giovanili e prima squadra, e poi altri 18 anni, dal 1996 al 2014, passati a dirigere l’Academy del club londinese. Tuttavia, quando si parla dell’Inter, un pensiero nostalgico si insinua nella mente di Brady: “Non aver vinto a Milano è un rimpianto che mi insegue. Lo meritavamo più di chiunque altro”. Guardando oggi a San Siro da Brighton, questo sentimento di nostalgia riaffiora con forza.
Alla domanda su cosa significhi per lui la parola “Arsenal”, Brady risponde con affetto: “È la casa che mi ha accolto a 14 anni da Dublino, il luogo che mi ha formato sia come calciatore che come uomo. Ricordo con gioia pura l’FA Cup del ’79 vinta 3-2 contro lo United. Nel 1980 scelsi l’Italia, ma da adulto sono tornato: il mio cuore è lì. Nonostante il passare del tempo, il club cerca sempre di rimanere fedele a una tradizione di eleganza e classe”.
Quando pensa all’Inter, la prima immagine che gli viene in mente è quella della sfortunata notte al Bernabeu, durante la semifinale di Coppa UEFA del 1986 persa ai supplementari. “Quella non mi è mai passata… Sapevamo come divertire ed entusiasmare, con una coppia d’attacco come Karl-Heinz Rummenigge e Alessandro Altobelli”, ricorda Brady con un misto di orgoglio e rimpianto.
Parlando dell’attuale sfida tra l’Inter e l’Arsenal, Brady osserva che l’Arsenal è cambiato: “Senza Ødegaard, la squadra è diventata più prevedibile e le avversarie hanno trovato contromisure. Tuttavia, il pericolo numero uno per l’Inter rimane Bukayo Saka, imprevedibile e abile anche sui calci da fermo. Inoltre, l’Arsenal manca di disciplina, avendo già collezionato tre espulsioni in questa stagione. Sabato scorso, contro il Newcastle, la squadra ha giocato male, un netto calo rispetto allo standard elevato mantenuto lo scorso anno. Se questo è il livello, rischiano molto contro l’Inter”.
Discutendo delle armi a disposizione di Simone Inzaghi, Brady elogia la pericolosità dell’attacco nerazzurro, guidato da Lautaro Martinez e Marcus Thuram, con gli inserimenti di Piotr Zielinski. “Ho visto in TV la partita contro la Juventus, il derby d’Italia è un po’ anche il derby di Brady… L’Inter è formidabile in attacco, ma difensivamente non è solida come nella stagione della seconda stella”.
Brady, che conosce bene il tema dei successi nel calcio italiano, si dice orgoglioso di aver segnato il rigore che ha regalato alla Juventus la seconda stella nel 1982, ma è altrettanto felice che anche l’Inter abbia raggiunto questo traguardo. “Il calcio italiano è tornato ai suoi livelli, anche grazie a questi anni nerazzurri: la finale di Champions due stagioni fa l’avrebbe meritata l’Inter“.
Quest’anno, secondo Brady, entrambe le squadre hanno le carte in regola per andare lontano. “L’Inter può rifarsi, ma anche l’Arsenal ha le potenzialità per arrivare in fondo. Forse sono un passo indietro rispetto alle superfavorite, ma hanno tutto per sorprendere. Mi piacerebbe che si incontrassero nuovamente più avanti, così potrei tornare a San Siro: manco da quasi 20 anni”.
Quando si parla della possibilità che San Siro possa fare la fine del vecchio Highbury, Brady riflette sul cambiamento: “Spesso è necessario, e per l’Arsenal lo era. Credo che col tempo anche Milano lo capirà: questo è ormai un business, e club come Inter e Milan hanno bisogno di introiti per competere”.
Infine, alla domanda su chi, in campo oggi, possa essere considerato un “Brady”, l’ex calciatore si identifica in Mkhitaryan o Ødegaard, giocatori di centrocampo dotati di qualità. “Forse, come dite voi, sarei una mezzala”, conclude Brady, con un sorriso che tradisce l’affetto per il calcio giocato ai suoi tempi.
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