A Ferrara, il numero 40 rappresenta una svolta, un segno di esperienze e sfide affrontate. Mirco Antenucci, capitano della Spal e simbolo della squadra, ha raggiunto questa età portando con sé non solo la saggezza di una carriera lunga e intensa, ma anche la responsabilità di cercare di risollevare una squadra che sta attraversando un momento particolarmente difficile. Il campionato di Serie C ha visto la Spal partire con il piede sbagliato, accumulando solo 11 punti in 14 partite e trovandosi penultima nel girone B, una situazione che non si verificava da 40 anni, precisamente dalla stagione 1984-85.
Antenucci, alla soglia dei 40 anni, non si lascia abbattere dalle statistiche e dalle avversità. La sua visione è chiara: “Più che salvare, vorrei fare qualcosa di più con la Spal”. L’ultima vittoria contro il Pineto ha rappresentato un piccolo raggio di luce in un periodo buio, riportando tre punti vitali dopo un lungo digiuno. “Siamo partiti per fare un campionato diverso, è sotto gli occhi di tutti. Non ci stiamo riuscendo, ma mancano ancora tante partite e tanti punti”, afferma con determinazione.
Uno degli aspetti che preoccupa Antenucci è la difesa, che ha subito 27 gol, il che la colloca tra le più vulnerabili del girone. La squadra ha affrontato una serie di cambiamenti, dall’arrivo di nuovi giocatori a quello di un nuovo staff tecnico. “Tutto questo ha inciso”, sottolinea il capitano, “e l’inizio con tre punti di penalizzazione non ha certamente aiutato”. La mente di un calciatore è fondamentale, e Antenucci è consapevole che la fiducia è un elemento chiave per affrontare le difficoltà. “Quando vedi quel meno davanti al numero dei punti e non fai risultati diventa difficile acquisire fiducia”, confida, evidenziando l’importanza del prossimo scontro diretto contro il Legnago, attualmente all’ultimo posto.
Antenucci sa bene che il momento è delicato, ma ci tiene a sottolineare che non si tratta solo di una questione mentale. “Bisogna aggiustare qualcosa sotto tutti i punti di vista”, dice. La sua esperienza lo porta a riflettere su quanto possa essere brutale il calcio, ma è convinto che la stagione possa ancora cambiare. “Non siamo spacciati. Il campionato è ancora lungo: vinci due partite e sei in zona playoff. La Serie C è bella per questo. La stagione può cambiare da un momento all’altro”.
A 40 anni, Antenucci si sente pieno di energia e passione. “Non avrei mai pensato di festeggiare i 40 anni da capitano, nella squadra dove ho sempre sognato di giocare”, afferma con orgoglio. Tuttavia, è consapevole che ora deve gestire bene le sue risorse fisiche e mentali. “Anche quando ho qualche problemino, ci passo sopra e mi alleno lo stesso. La motivazione e la voglia fanno la differenza”, dice, dimostrando un atteggiamento positivo e proattivo.
Guardando al futuro, Antenucci ha già pianificato il suo percorso dopo il calcio giocato. Ha ottenuto il patentino da dirigente e si immagina di continuare a lavorare nel mondo del calcio, ma da una nuova prospettiva. “Il mio futuro sarà ancora nel calcio, ma fuori dal campo”, rivela, esprimendo il desiderio di contribuire alla crescita della Spal anche in un ruolo dirigenziale.
Ferrara, per lui, è una città senza difetti. “Si vive molto bene, si gira in bicicletta e c’è sempre serenità”, racconta, evidenziando come la città e i suoi tifosi siano un elemento fondamentale per la sua carriera. Antenucci sa bene quanto il supporto dei fan possa influenzare il rendimento della squadra. “Accettiamo le contestazioni quando le cose non vanno bene, ma i nostri tifosi non ci abbandonano mai”, afferma con gratitudine, consapevole del legame speciale che esiste tra la squadra e la sua comunità.
Tra i ricordi più belli, Antenucci ricorda con emozione la prima salvezza in Serie A con la Spal, un traguardo storico che ha segnato una tappa fondamentale nella sua carriera. “Vincemmo grazie a una mia doppietta e fu come se avessimo vinto uno scudetto. La gioia era immensa”, racconta, trasmettendo la passione che ha sempre avuto per i colori biancoazzurri.
Ripensando alla sua carriera, Antenucci riflette su esperienze significative come quelle vissute a Bari e Leeds. Ogni tappa ha portato con sé insegnamenti e ricordi preziosi, che hanno contribuito a formare l’uomo e il calciatore che è oggi. Se potesse tornare indietro, non cambierebbe molto, perché “si ottiene ciò che si merita”. La sua storia è un esempio di resilienza e passione, caratteristiche fondamentali non solo per un atleta, ma per chiunque affronti le sfide della vita.
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