
Addio a Giancarlo Dondi, il volto del rugby italiano e presidente del Sei Nazioni - ©ANSA Photo
Il mondo del rugby è in lutto per la scomparsa di Giancarlo Dondi, una figura storica e fondamentale per la palla ovale italiana, deceduto la notte scorsa a Parma, sua città natale. Con un’eredità che ha segnato la storia del rugby italiano e internazionale, Dondi è ricordato come “l’uomo del Sei Nazioni”, un appellativo che riflette il suo straordinario impegno per portare l’Italia nel prestigioso torneo. Grazie alla sua instancabile dedizione, la federazione italiana di rugby (FIR) è stata ammessa al Sei Nazioni nel 1998, e l’Italia ha preso parte attivamente al torneo a partire dall’edizione del 2000.
La carriera di Giancarlo Dondi
Nato nel 1935, Giancarlo Dondi avrebbe compiuto 90 anni il prossimo 19 aprile. La sua carriera nel rugby inizia giovanissimo, quando si unisce alla Rugby Parma, una delle storiche società del panorama rugbistico italiano. Durante il servizio militare, gioca anche per le Fiamme Oro Padova, dove conquista il suo primo titolo di Campione d’Italia nella stagione 1957-58. Dondi era un versatile giocatore, che ricopriva i ruoli di seconda e terza linea, e chiude la sua carriera di atleta con la Rugby Parma negli anni ‘60.
Il contributo alla federazione italiana di rugby
Dondi non si limita a essere un giocatore, ma diventa un innovatore e un leader nel rugby italiano. Dopo aver appeso le scarpe al chiodo, si dedica attivamente alla gestione sportiva, diventando presidente della Rugby Parma dal 1971 al 1975. La sua formazione accademica in statistica si rivela preziosa per le sue future mansioni dirigenziali, permettendogli di:
- Analizzare le dinamiche del rugby italiano.
- Sviluppare strategie efficaci per la crescita del rugby.
- Contribuire alla professionalizzazione del rugby italiano.
Negli anni ’90, ricopre il ruolo di vicepresidente della FIR e diventa team manager della nazionale, contribuendo alla crescita del rugby italiano. La sua leadership lo porta a guidare la federazione per quattro mandati, dal 1996 fino al 2012, durante i quali l’Italia compie passi significativi sia a livello nazionale che internazionale.
I trionfi e l’eredità di Dondi
Sotto la sua presidenza, l’Italia conquista la sua prima Coppa Europa nel 2007, battendo la Francia in finale a Grenoble. Questo trionfo rappresenta un punto di svolta per il rugby italiano, dimostrando che il paese poteva competere a livelli elevati. Inoltre, Dondi gioca un ruolo cruciale nell’ingresso dell’Italia nella Lega Celtica, oggi nota come United Rugby Championship, permettendo così alle squadre italiane di confrontarsi con club di alto livello provenienti da tutto il mondo.
La sua presenza nel Comitato Esecutivo di World Rugby ha permesso all’Italia di avere una voce e una rappresentanza nelle decisioni che riguardano il futuro del rugby mondiale. Le reazioni alla sua scomparsa non si sono fatte attendere. Andrea Duodo, attuale presidente della FIR, ha definito Dondi una “figura straordinaria” e un “maestro per tutti noi”. Duodo ha sottolineato come Dondi abbia “cambiato per sempre il modello del rugby nel nostro paese”.
Per onorare la sua memoria, la federazione ha disposto un minuto di silenzio su tutti i campi d’Italia nel fine settimana successivo alla sua morte. È stata avviata la procedura per intitolare a Dondi la “Cittadella del rugby” di Parma, un luogo simbolico che rappresenta l’importanza del rugby nella cultura sportiva italiana.
Giancarlo Dondi lascia un’eredità che trascende i titoli e i trionfi. La sua passione per il rugby, la sua dedizione al servizio della federazione e la sua capacità di ispirare le nuove generazioni di rugbisti sono qualità che continueranno a vivere nel cuore di tutti gli appassionati di questo sport. Il suo contributo ha aperto la strada a molti giovani atleti, dirigenti e allenatori che oggi continuano a costruire e a far crescere il rugby in Italia.
Nel ricordo di Giancarlo Dondi, il rugby italiano si stringe attorno alla sua memoria, pronto a continuare il lavoro che lui ha iniziato. La sua figura rimarrà sempre un faro per il rugby italiano, un esempio di passione, determinazione e amore per uno sport che ha segnato la sua vita.